
Esistono delle leggi dell’apprendimento? Delle regole generali sempre applicabili e che sempre funzionano?
Secondo Edward Lee Thorndike, uno dei padri della psicologia cognitiva, assolutamente sì.
Già più di 100 anni fa, con il suo lavoro pionieristico alla Columbia University, Thorndike dimostrò che, nell’apprendimento, ci sono dei principi fondamentali sempre validi, comuni a tutte le forme biologiche, esseri umani inclusi.
Li chiamò:
- La legge della prontezza
- La legge dell’esercizio
- La legge dell’effetto
La loro validità non si limita all’ambito dello studio, ma abbraccia tutto l’apprendimento, nel significato più ampio e complesso della parola.
Vediamole insieme.
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Legge della prontezza
Si impara meglio quando si è nelle giuste condizioni mentali, fisiche e emotive. Quando, insomma, si è veramente pronti per farlo.
Ma che cosa significa, come diceva Thorndike, essere nelle giuste condizioni mentali, fisiche ed emotive per imparare?
Significa saper creare intorno a te stesso un ambiente che, da ogni punto di vista, ti aiuti ad imparare.
Si parte dalle cose più ovvie – ma non per questo più facili – come evitare le distrazioni e scegliere il tempo e il luogo adeguati, a quelle più complesse, come definire chiaramente i tuoi obiettivi e rimanere motivato su di essi.
In quest’ambito, nel periodo della scuola, hanno una importanza cruciale gli insegnanti, che possono più o meno contribuire a definire i tuoi obiettivi e a renderli interessanti.
“L’arte dell’insegnante è risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza”
Purtroppo però, non tutti gli insegnanti sono come il prof. Keating dell’Attimo Fuggente.
Questa però non deve diventare una scusa, anzi, un pessimo insegnante può essere l’occasione:
- per imparare a cercare la motivazione soprattutto dentro te stesso.
- per imparare a sceglierti i tuoi maestri. Sui banchi di scuola non puoi farlo più di tanto, ma nella vita sì!
Ogni volta dunque che non arrivi ai risultati che desideri, o ci arrivi ma con grande fatica, chiediti se la tua situazione di partenza, il tuo ambiente “fisico, emotivo, mentale”, ti sta aiutando oppure ostacolando.
E poi, agisci di conseguenza.
Legge dell’esercizio
Stabilisce che le cose che si ripetono di più sono quelle che si imparano meglio, e che quindi per l’apprendimento sono fondamentali l’esercizio e la pratica. Thorndike dice chiaramente che è impossibile imparare bene qualcosa che abbia un minimo di complessità facendola o ripetendola un’unica volta.
Da un certo punto di vista, la legge dell’esercizio è quasi banale: per apprendere bisogna esercitarsi, bella scoperta!
Quello che non è banale però, è capire come esercitarsi e per quanto tempo.
Diciamo subito una cosa: spendere passivamente del tempo con la testa su un libro non significa necessariamente soddisfare questa secondo legge.
Anzi, c’è chi infrange questa legge proprio perché studia troppo – e male.
Magari perché gli manca la concentrazione, magari perché impiega tecniche poco efficaci, o magari perché usa il materiale sbagliato.
Un consiglio che posso darti, e che ricalca le idee di Thorndike, è di mischiare fra loro varie strategie e fonti di apprendimento: leggi, ascolta, sottolinea, schematizza, poniti, domande, ripeti, fai pratica.
Ciò che devi imparare va insomma “lavorato” fisicamente e mentalmente, attraverso processi di trasformazione, scomposizione, elaborazione che si susseguono in diversi cicli.
In questo sta un po’ il segreto della parola esercizio: uno sforzo attivo, che viene ripetuto nel tempo, possibilmente con modalità che variano di volta in volta.
Tutte le volte che puoi, unisci alla fase di studio anche una fase operativa.
Imparare una lingua se non la parli mai, capire come funziona un oggetto senza averlo mai usato, leggere la descrizione di un globulo rosso su un libro senza mai osservarne uno al microscopio, sono tutte strategie di esercizio parziali.
Cerca continuamente occasioni di integrare la teoria con la pratica: imparerai più rapidamente, con più soddisfazione e con migliori risultati.
Legge dell’effetto
È forse, fra le tre, quella che ci fa capire quanto simili siamo a tutti gli altri animali. Come per loro infatti, l’apprendimento è rafforzato quando si associa a sensazioni positive e gratificanti, mentre al contrario diminuisce quando si associa a sensazioni negative e frustranti.
Nell’ottemperare alla terza legge, chiediti:
“Che cosa provo mentre apprendo? ”
Vedi, i risultati e le conseguenze delle nostre azioni hanno un effetto dirompente sul nostro Ego e sul nostro comportamento futuro.
Ecco allora che, se siamo contenti perché abbiamo raggiunto degli obiettivi, lo sforzo che abbiamo fatto ci sembra più leggero e, la volta successiva, la nostra attitudine all’apprendimento sarà migliorata.
Quando invece siamo frustrati dai nostri risultati, la sensazione di fallimento aumenta la percezione dello sforzo fatto, e la nostra capacità di imparare ne risulta danneggiata.
E’ fondamentale dunque alimentare la fiducia in noi stessi e rendere l’apprendimento il più piacevole possibile.
Tendiamo infatti, da sempre, a ripetere le esperienze piacevoli ed evitare quelle spiacevoli.
Prendi l’abitudine allora di darti dei piccoli premi mentre studi o impari, o subito dopo: per esempio, fai una camminata rilassante a fine giornata, ascolta la tua canzone preferita fra una materia e l’altra, prenditi una vacanza dopo un esame.
Ma, sopratutto, cerca di avere successo nelle iniziative che fai.
Un esame fallito, una brutta figura al lavoro, la decisione di non preparare un concorso o un esame, non sono di per sé la fine del mondo. Se uno non fa mai errori è perché non esce mai dalla sua zona di confort.
Ma quando queste cose si ripetono troppo spesso, ecco che piano piano distruggono il tuo ego e ti tolgono la voglia di cimentarti con qualcosa di nuovo.
Quando ti dedichi a qualcosa dunque, fallo sempre con serietà e determinazione: non è infatti in gioco solo il risultato, ma anche le conseguenze psicologiche che da esso ne derivano.
Conclusioni
Come detto all’inizio dell’articolo, le 3 leggi dell’apprendimento formulate da Thorndike sono le stesse per ogni essere vivente.
E, quindi, tanto per una spugna marina quanto per noi, è vero che:
- per apprendere ci vogliono le condizioni di partenza giuste
- ogni apprendimento significativo ha bisogno di ripetizione
- il feedback positivo lo rafforza, quello negativo lo indebolisce
Molti potrebbero allora pensare che la differenza fondamentale fra noi e la spugna marina stia nella quantità di cose che possiamo apprendere.
Ma in realtà non è così.
La vera differenza sta nel fatto che, noi, non solo siamo consci dell’esistenza di queste 3 leggi, ma siamo anche in grado di agire attivamente su di esse grazie a quella che gli psicologi chiamano “metacognizione”: ovvero, la capacità di conoscere, comprendere e quindi dirigere i nostri processi di apprendimento.
Questo rende le nostre possibilità mentali non dico illimitate, ma comunque decisamente molto più ampie di quello che normalmente pensiamo.
Da questo punto di vista, il contributo secondo me più importante di Thorndike è stato quello di sostenere – inconsapevolmente e 100 anni prima della sua definizione – la mentalità del “growth mindset”
Ovvero, la convinzione che le capacità mentali di ciascuno di noi non siano qualcosa di fisso, ma qualcosa su cui possiamo agire in maniera attiva, sia da un punto di vista positivo che negativo.
Thorndike ci dice insomma, una volta di più, che possiamo essere migliori ogni giorno, e ci da persino tre principi su cui possiamo lavorare per farlo. Non sfruttarli sarebbe allora un vero peccato!
Carmela dice
Ciao, ho letto il tuo articolo sembra molto interessante, vorrei chiederti sono un medico neolaureato e dovrei a luglio superare il super concorso per la specializzazione ma questi test su tutta la medicina sono veramente difficili e non riesco a fare un test decente, mi sono presa i manuali della teoria e sono 22 volumi e riassumerli e’ un impresa insommortabile per non parlare del test…. beh mi confondo molto e sono davvero scoraggiata.
Armando Elle dice
Ciao Carmela, se ti sei laureata in medicina una certa capacità di studio ce l’hai, so benissimo quanto è pesante. Non ci sono ricette magiche, ma certamente principi di memorizzazione semplici ma efficaci come il richiamo attivo (lo trovi sul blog), e soprattutto tanta tanta tanta organizzazione del tempo. Un saluto
Antonio dice
Ciao Armando e grazie come sempre per gli articoli che aspetto con piacere ogni martedì. Riprendendo il tuo sottotitolo ” La via per imparare è lunga” volevo fare questa considerazione:
La conoscenza gonfia.
Se studiamo in modo passivo senza praticare ciò che studiamo ( sicuramente a volte è inevitabile) senza sforzarci un minimo di apprezzare la conoscenza , per esempio capendo che il linguaggio è complesso ed è un dono stupendo, che i processi della natura sono meravigliosi ( per esempio vedere tutto il processo che porta i frutti sugli alberi.. da un fiore!!) e fermandoci solo al freddo studio, secondo me non sfruttiamo bene il tempo che abbiamo nella vita.
Non usiamo la conoscenza come un vanto o solo per un voto ma usiamola nella vita per migliorarci.
Se abbiamo un atteggiamento umile quando studiamo ( capendo che più studiamo più capiamo quanto poco sappiamo)apprezzando le piccole cose che impariamo questo ci darà la motivazione per continuare a studiare e in più saremo più appagati e attraenti e meno spocchiosi e depressi..( con me funziona)
Spero di non essere andato fuori tema. Un saluto