
Il concetto di pratica deliberata è in assoluto uno degli argomenti che preferisco: marca infatti la differenza fra fare le cose “tanto per farle” ed esercitarsi per raggiungere l’eccellenza e la maestria in una specifica attività.
Se hai mai studiato una lingua, praticato uno sport o suonato uno strumento musicale, ti sarai reso conto che:
- Al principio, per vincere l’inerzia del principiante assoluto, devi fare parecchio sforzo. Stare dritto sugli sci, emettere la prima nota non stonata col violino, dire le prime frasi di senso compiuto in inglese, sono tutte attività che costano parecchio tempo ed energia!
- Poi, con l’esercizio, progredisci rapidamente, e di colpo ti ritrovi a scendere da piste nere, suonare Mozart decentemente e litigare senza problemi via mail col servizio clienti di Amazon a Seattle.
- Dopo un po’, infine, i tuoi progressi si appiattiscono e, indipendentemente da quante ore gli dedichi, la tua abilità rimane più o meno la stessa. Il tuo amico più bravo continua a scendere più veloce di te, le tue mani si incartano sempre sulle stesse corde, la tua pronuncia di “thing” continua a suonare terribilmente sbagliata.
In questo scenario, la pratica deliberata è ciò che può permetterti di uscire dalla zona piatta, quella in cui non si migliora più, per farti fare il vero salto di qualità, spingendoti a spostare i tuoi limiti sempre un pochino più in là.
Prima di parlartene approfonditamente, lascia che ti racconti la mia prima vera esperienza a tu per tu con essa.
La mia esperienza con la pratica deliberata
Tantissimi anni fa, avevo un amico – Giulio – che aveva praticato per molti anni, sin da bambino, sci agonistico.
Ad un certo punto, stufo dei soliti sci, Giulio era passato a praticare lo snowboard ed in breve era diventato molto bravo.
Io, al contrario, ero uno sciatore abbastanza mediocre, un vero “orso delle nevi”.
Così, quando Giulio mi disse “prova la tavola, vedrai che è facile!” mi buttai a capofitto in questa nuova esperienza chiedendogli di insegnarmi tutti i segreti della “surfata” perfetta.
Collezionai cadute e lividi di ogni tipo, ma dopo poco tempo ero già capace, ossia scendevo da qualsiasi pista senza rischiare ogni volta l’osso del collo.
Dopo ogni discesa chiedevo a Giulio “come sono andato?”
La risposta era sempre “tenevi il braccio in posizione sbagliata” oppure “il busto andava bene, ma le gambe erano rigide come il legno”, o ancora – gridato direttamente da fondo pista – “piega le gambeeee!!!”
Diciamo che il massimo del complimento era “Non andavi proprio male, però….”- e poi partiva invariabilmente con la lista dei difetti….
A me giravano un po’ le scatole e mi sentivo abbastanza frustrato.
Capivo però che Giulio mi dava quei giudizi perché, a sua volta, era stato forgiato da anni ed anni di agonismo e istruttori severissimi.
Lo snowboard, poi, mi piaceva davvero, anzi, mi entusiasmava proprio, e così, settimana dopo settimana, mi trascinavo prestissimo sulle piste a fare curve su curve, ossessionato dal migliorarmi ogni volta di più.
Erano i primi anni della diffusione di questo sport, ancora non lo praticavano in tanti.
Ebbene, dopo qualche anno, quando tutti, ma proprio tutti, iniziarono a “surfare” sulle nevi, realizzai che io – proprio io – che non avevo mai davvero eccelso in nessuno sport, avevo una classe ed un’eleganza da far fermare gli altri a guardarmi.
Avevo raggiunto – quasi inconsapevolmente – una vera maestria.
In una cosa, tra l’altro, che non faceva certamente parte dei miei obiettivi di vita.
Quando invece – ironia della sorte – ancora arrancavo in cose che, teoricamente, avrebbero dovuto essere fondamentali per il mio futuro.
Avevo però scoperto, in maniera intuitiva, una cosa davvero importante, che da quel momento mi avrebbe permesso di cambiare nel profondo le mie capacità.
Avevo scoperto l’essenza della pratica deliberata.
Che cosa è la pratica deliberata?
La pratica deliberata (o “deliberate practice”) consiste nell’esercitarsi in una determinata disciplina in maniera strutturata ed orientata al miglioramento continuo della performance.
Questo la rende, qualitativamente, molto diversa rispetto alla pratica “semplice”.
In quest’ultima infatti, ti eserciti e basta, ripetendo più o meno sempre le stesse routine.
Un po’ come facevo io quando andavo a sciare divertendomi ma rimanendo, week end dopo week end, un goffo orso delle nevi.
Nella pratica deliberata, invece:
- Ti eserciti sempre un po’ al di fuori dalla tua zona di comfort, ad un livello appena un po’ più difficile di quello che già sai fare. Se per esempio tu fossi un violinista che vuole aumentare la sua scioltezza nell’esecuzione di un pezzo, dovresti esercitarti suonandolo a una velocità maggiore di quella a cui non fai errori.
- Ti concentri su aspetti tecnici ben definiti, con obiettivi altrettanto ben definiti. La pratica deliberata non è, cioè, diretta ad un vago “miglioramento” generale. Essa scompone invece la performance in elementi base, che vengono migliorati singolarmente e in maniera dedicata. Tornando all’esempio del violinista, la pratica deliberata consiste non nel suonare ancora e ancora lo stesso pezzo mille volte, ma nel concentrarsi su alcuni passaggi specifici più difficili, fino a padroneggiarli completamente.
- Hai bisogno di feedback continui, sulla base dei quali modificherei il tuo sforzo e la tua preparazione. E’ per questa ragione che, nello sport come nella musica o in qualunque altra attività, anche i numeri 1 hanno bisogno di un maestro o di un allenatore. Per noi comuni mortali questo, spesso, non è possibile: quando non hai un Giulio ad aiutarti, dovrai quindi essere tu stesso a imparare a monitorare la tua performance, individuare gli errori, correggerti. Può essere utilissimo, per esempio, osservare qualcuno più bravo di te. Studialo bene. Come agisce? Quali sono i suoi punti di forza? Quali le eventuali debolezze?
- Devi essere disposto a modificare capacità precedentemente acquisite, perché esse costituiscono, di fatto, un limite alla progressione della performance. Lo sa bene chi ha imparato qualcosa, anche bene, da autodidatta e, quando finalmente si rivolge a un maestro, si ritrova a dover rivedere da capo i fondamentali.
La pratica deliberata richiede, insomma, analisi, sforzo, intenzione.
E presuppone, inevitabilmente, che in certi momenti tu ti senta frustrato, stanco, oppure semplicemente “scarso”.
Non ti scoraggiare!
Come abbiamo visto nel ciclo del cambiamento, si tratta di un momento psicologico fondamentale (l’ho chiamato “la valle della disperazione“) che, se si vuole migliorare davvero, è sempre necessario superare.
In effetti, questo è proprio ciò che, ai miei occhi, rende la pratica deliberata tanto appassionante.
Perché, in fondo, non c’è nulla che dia altrettanta soddisfazione di riuscire davvero bene in qualcosa che ci è costato sudore, sforzo e disciplina.
Conclusioni
I principi della pratica deliberata, se portati nell’ambito dello studio o del lavoro, possono regalarti successi al di là della tua più sfrenata immaginazione.
Come però hai visto nel mio racconto, non è strettamente necessario applicare la pratica deliberata solo a cose che ti danno vantaggi concreti e tangibili.
Anzi: impararla con qualcosa che ti appassiona da morire potrebbe essere la maniera migliore per capire come funziona, ed esportarla poi in altri ambiti.
Per dire, io non ho mai iniziato a praticare snowboard a livello agonistico né mi sono messo a dare lezioni, anche se avrei potuto.
La mia tecnica però rimane per me un grande motivo di orgoglio, anche dopo tanti anni.
Solo io so quanto ho davvero sofferto per ottenerla ;-)
E le lezioni che ho imparato sbattendo il sedere contro la pista ghiacciata me le porto dietro ancora oggi nel mio lavoro.
Già – dimenticavo! – la sofferenza.
Questa parola ci porta all’ultimo consiglio che ti do oggi.
Vedi, leggere libri ed articoli sul miglioramento personale è di per sé un’ottima cosa, ma è un attività che, da sola, non ti porterà da nessuna parte.
Tanti tendono a studiare molto la teoria, credendo che questo posa dare dei benefici di per sé, senza sostanzialmente capire che l’unica cosa che davvero conta è l’azione.
Devi provarci, metterti davvero in gioco, in discussione, magari collezionando anche qualche fallimento e, come nel mio caso, molte ma molte cadute.
La passione, la tenacia e la capacità / fortuna di trovare un vero maestro potranno fare la differenza!
Monica dice
Bellissino articolo, grazie. E’ sempre un piacere leggerti. La pratica deliberata è qualcosa di affascinante e che leggendo il tuo articolo credo di mettere in atto inconsapevolmente quando mi esercito con la lingua russa, che studio e adoro, ma in cui non sono brava (perché nella vita faccio altro). Però mi piace talmente tanto da non provare vergogna quando sbaglio e nemmeno fatica mentre scrivo e mi esercito. E’ la prima cosa che faccio al mattino dopo colazione e spesso anche l’ultima prima di andare a dormire. A volte provo frustrazione e sofferenza nel vedere altri più bravi di me. Però il mio è un amore profondo e duraturo che mi spinge a non mollare malgrado tutto. Ci sta secondo te con la pratica deliberata?
Armando Elle dice
Ciao Monica, grazie del commento. Si, la passione, l’attenzione e l’impegno che ci metti mi fanno proprio pensare che studi il russo con lo spirito della pratica deliberata, brava!