
Il paradosso di Baker / Baker, conosciuto in Italia come il paradosso del panettiere (che è la traduzione di Baker), spiega in maniera scientifica perché dimentichiamo subito alcune cose, mentre altre le ricordiamo molto facilmente.
Ti sarà sicuramente capitato, dopo una breve conversazione a un aperitivo, di ricordare per esempio che Tizio vive nella tal città, che Caio fa il tal lavoro, che Pinco Pallo è andato in vacanza nel posto X …. ma di non avere la più pallida idea del nome e cognome di quelle persone, nonostante certamente te li abbiano detti.
Ecco, sei stato vittima del paradosso di Baker / Baker.
Capire a cosa è dovuto, come vedremo, ti permetterà di migliorare la tua memoria ben al di là della semplice capacità di ricordare dei nomi.
Che cosa è il paradosso di Baker / Baker
Nell’articolo scientifico “Why is difficult to put names to faces?”, la neuropsicologa Gillian Cohen descrive un esperimento in cui venne richiesto, ai partecipanti, di ricordare nome e professione indicati su fotografie di persone a loro sconosciute .
Per prima cosa, i ricercatori notarono che la professione veniva ricordata molto meglio del cognome.
Poi, rivedendo i dati, saltò fuori un fatto interessante: la parola “Baker” compariva in un caso come professione – panettiere, appunto – e in un altro caso come cognome.
Pur trattandosi della stessa identica parola però, quando compariva come professione veniva ricordata sensibilmente meglio che quando compariva come cognome.
Incredibile no?
Stesso test, stessi partecipanti, stessa identica parola … ma un piccolo cambiamento di contesto nel presentarla (cognome vs professione) determinava un cambio enorme nella capacità di ricordarla.
Quali sono dunque i differenti processi mentali ai quali va incontro il tuo cervello quando uno ti dice “Piacere, mi chiamo Franco Panettiere e faccio l’assicuratore” e un altro ti dice invece “Piacere, sono Franco e faccio il panettiere?”
Perché, del cognome del primo, potresti essertene dimenticato fra una settimana, mentre la professione del secondo ti rimarrà impressa probabilmente per sempre?
Il potere evocativo di una parola.
Il punto è che nell’espressione “Faccio il panettiere”, la parola “panettiere” porta con se decine, forse centinaia di piccoli ricordi inconsci: l’odore del forno, uomini e donne vestiti di bianco, dita piene di farina, il rumore del sacchetto del pane nelle mani di tua madre, il sapore, la forma e il contenuto di migliaia di pagnotte che hai mangiato .
Quando una informazione arriva così ricca di contesto è facile associarla al volto di una persona e ricordarla più o meno per sempre: “Certo che mi ricordo Franco, l’ho conosciuto a una cena l’anno scorso. Fa il panettiere!”.
Quando invece la stessa parola arriva come cognome – qualcosa cioè che di norma consideriamo assolutamente casuale e arbitrario – questo meccanismo automatico non scatta.
E così, senza il bagaglio di ricordi a cui è associata quando si tratta di una professione, la parola “panettiere” diviene solo un dato senza contesto, quindi molto difficile da ricordare.
Se però, come capita in maniera naturale ad un mnemonista un minimo allenato, il nostro cervello si prende la pena di costruire una prima associazione fra il cognome “Panettiere” e la professione che esso richiama, ecco che il meccanismo di fissazione del ricordo si innesca con quasi la stessa forza con cui lo farebbe ascoltando la frase “faccio il panettiere”.
Confuso?
Nel mio articolo su come ricordare i nomi potrai chiarirti le idee.
Quello che invece mi preme sottolineare adesso è che questi stessi meccanismi si applicano a qualunque altra cosa dobbiamo memorizzare:
- Se essa appare casuale e arbitraria, come un cognome appunto, ci viene molto difficile ricordarla.
- Se invece si porta dietro un contesto di immagini, sensazioni e avvenimenti pre-esistenti, ecco che il ricordo si presenta straordinariamente facile.
In questo senso dunque, avere una buona memoria significa soprattutto costruire un contesto ottimale in cui integrare i nuovi ricordi.
L’importanza del contesto ai fini della memorizzazione
Leggi il seguente breve testo:
L’infiammazione si compone di una serie di modificazioni tissutali che consistono in: vasodilatazione, aumento della permeabilità dei capillari, stasi circolatoria, infiltrazione leucocitaria con marginazione, rotolamento e adesione sulla superficie endoteliale di leucociti, attraverso l’espressione di molecole di adesione …
Provare a ricordare questa breve frase al primo anno di medicina o al quarto è una esperienza del tutto diversa.
Al primo anno infatti, è più o meno come dover ricordare una serie di cognomi, per di più strani, di un gruppo di persone che non conosci: una fatica improba, quindi.
Al quarto anno invece, ognuno di quegli strani nomi, ognuno di quegli apparentemente oscuri accadimenti, arriva con il suo piccolo bagaglio di immagini / storie / sensazioni pre-memorizzate, ed è quindi quasi banale ricordare l’intera frase esattamente.

Ti presento i leucociti – o globuli bianchi – negli 8 citotipi funzionali e morfologici in cui si presentano.
Ora, questo processo di creazione progressiva del contesto, in parte avviene in maniera spontanea.
Tuttavia, per avere una buona memoria, è fondamentale stimolarlo.
Le tecniche di memoria per esempio, sono delle grandi creatrici di contesto: esse infatti rappresentano, modificano e codificano le informazioni che devi ricordare, facendo un uso enorme di tutto ciò che è già presente nella nostra memoria a lungo termine.
Ma si possono ottenere ottimi risultati anche senza di esse, cambiando semplicemente la modalità di porti nei confronti di ciò che devi / vuoi ricordare.
La memoria è una questione di scelta.
Pensa nuovamente per un attimo che un giorno qualcuno ti presenti il signor Frank Baker – Franco Panettiere.
Certamente noterai che il suo cognome è identico a una nota professione.
Ma, se non ti ci soffermi un attimo, a distanza di poco tempo non lo ricorderai comunque.
Se invece fai il piccolo sforzo cosciente di dargli un contesto compiuto, richiamando alla memoria le stesse cose che inconsciamente richiameresti se si trattasse della sua professione, ecco che lo ricorderai per gli anni a venire.
Si tratta, alla fine, di una questione di scelta: decidere o meno se costruire, per le informazioni che incontriamo sulla nostra strada, un contesto adeguato a memorizzarle.

Pillola rossa o pillola blu? Ovvero, guardare a ciò che impari in maniera attiva e approfondita, o cercare di appiccicarti in testa un po’ di nozioni disconnesse da un qualunque solido contesto?
Per capire come fare nella pratica, ci viene di nuovo in soccorso la analogia con l’aperitivo fra sconosciuti.
D’altro canto, le occasioni sociali sono per definizione delle possibilità di apprendimento!
E infatti, quando sei in mezzo a una conversazione con persone che non conosci, anche senza sforzarti acquisirai su di loro un minimo di informazioni e impressioni, formandoti in maniera del tutto naturale un primo contesto.
Puoi però moltiplicarlo per 10 o 100 se scegli di porti in maniera attiva e:
- Fai domande
- Ti fissi su particolari del loro aspetto
- Ampli la conversazione agli argomenti più disparati
- Costruisci analogie e differenze con persone che conosci già
- Prendi nota mentalmente di cosa ordinano da bere, cosa mangiano, quanto parlano
- Confronti quell’esperienza con altre passate
Questa stessa possibilità ce l’hai in qualunque altra situazione di apprendimento.
Puoi limitarti ad assorbire alcune informazioni in maniera passiva o puoi, attivamente, moltiplicare il contesto che le circonda, per renderle memorabili. Indelebili.
Come?
- Facendoti domande (quanti tipi di leucociti ci sono?)
- Cercando informazioni aggiuntive (come diavolo fanno a muoversi?)
- Andando a vedere foto (ah, ecco come è fatto un leucocita!)
- Costruendo analogie e rimarcando differenze (qual è la più grande differenza fra leucociti e globuli rossi?)
- Ragionando per assurdo (e se i leucociti non si muovessero?)
- Ricordando collegamenti con cose passate (qual era il valore dei leucociti nell’esame della nonna?)
- etc.
Questo secondo tipo di atteggiamento, che richiede un certo impegno soprattutto all’inizio, farà, nel tempo, una differenza enorme nella tua velocità di apprendimento.
Questo perché la memoria è una abilità additiva: più cose ricordi, più sarà facile ricordarne altre.
Combatti il paradosso di Baker / Baker
Il primo passo dunque per avere una buona memoria è combattere il paradosso di Baker / Baker.
Ovvero scegliere di non essere cieco e passivo di fronte alle informazioni che continuamente ti si presentano, ma di esplorarle in maniera curiosa, attenta, attiva.
Ogni volta che ti ritrovi di fronte a qualcosa di apparentemente arbitrario e con scarso significato intrinseco, ogni volta, insomma, che ti trovi di fronte a qualcosa che ha l’aspetto di un “cognome”, fai lo sforzo cosciente di creargli comunque un contesto che lo renda ricordabile.
D’altro canto, credimi, non c’è praticamente nulla che, a pensarci un po’ su, sia davvero un mero “cognome”.
In realtà, anzi, gli stessi cognomi sono tutt’altro che casuali e arbitrari: hanno infatti radici semantiche e storiche spesso complesse e interessanti.
Basta andare abbastanza a fondo a cercarle!
In questo senso, la memoria ha molto più a che fare con l’investigazione che non, come pensano in tanti, con la ripetizione.
Ed è per questo che la memoria è, per chi la conosce e capisce, una abilità affascinante, che si perfeziona grazie alla continua aggiunta di nuovi dettagli e nuove connessioni a quello che già conosciamo.
Un po’ come quando, facendo un puzzle, più pezzi sistemi più è facile trovare il posto giusto per tutti gli altri.
Un saluto. Armando
Marco Biancolini dice
Se ho capito bene questo è ciò che si definisce apprendimento significativo. La cosa sorprendente e’ come lo hai spiegato, in modo chiaro ed efficace. Complimenti
Armando Elle dice
Grazie! A presto