
“Siamo agli albori di una rivoluzione, quella della neuroplasticità. E’ infatti ormai chiaro che la macchina cerebrale può essere costantemente riprogrammata e rivista nelle sue funzioni, per l’intero corso della nostre vite e sotto il nostro diretto controllo”. Michael Merzenich, Neuroscienziato, pioniere dei moderni studi sulla plasticità cerebrale.
Che cosa è la neuroplasticità?
E la capacità del nostro cervello di cambiare da un punto di vista strutturale e funzionale in risposta a stimoli esterni.
Si tratta di un campo di indagine estremamente complesso, ancora tutto da esplorare.
Tuttavia, c’è una cosa davvero importante che si può ormai dire con certezza.
Il vecchio paradigma secondo il quale il cervello, dopo l’adolescenza, ha una architettura ormai fissa e ha perso la sua capacità di crescere, adattarsi e migliorarsi, non è più valido.
Al contrario, è ormai universalmente accettato che siamo in grado di agire sulle nostre strutture cerebrali in maniera positiva (e negativa) per tutto l’arco della nostra vita.
Questo, ovviamente, ci dà un grande potere.
Quello di migliorare le nostre capacità cerebrali e combattere, almeno in parte, il deterioramento che avviene col passare degli anni.
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Come funziona la neuroplasticità

Schema semplificato di un neurone: dendriti ed assoni sono le strutture attraverso le quali si formano le sinapsi, cioè i punti di comunicazione fra neurone e neurone. Mielina, Cellule di Schwann e Nodi di Ranvier sono responsabili della modalità con cui si propagano i segnali elettrici.
Quando cominci ad apprendere una qualunque abilità, che sia giocare a tennis, suonare la chitarra, parlare una lingua straniera, anche un gruppo di neuroni all’interno del tuo cervello comincia a dedicarsi ad essa.
All’inizio sono pochi e poco specializzati.
Lavorano in maniera scoordinata fra loro, emettono segnali deboli, lenti, spesso anche del tutto sbagliati.
E così manchi la pallina, sbagli le corde da schiacciare, non riconosci il suono di ciò che ti viene detto.
Mano a mano che ripeti l’attività però, ecco che, mentre diventi sempre più abile, nel cervello succedono una serie di cose interessanti.
Vengono reclutati sempre più neuroni – in alcuni casi pare ne vengano addirittura creati di nuovi – si formano sempre più connessioni, vengono inviati segnali sempre più forti, si generano nuovi pattern di interazione.
Allo stesso modo, quando smetti di dedicarti a una attività, piano piano anche il tuo cervello inizia a disinvestire da essa.
I segnali si fanno più deboli, molti collegamenti intercellulari vengono persi, la coordinazione fra i neuroni diminuisce e tutta l’area cerebrale ad essa dedicata va incontro ad un progressivo impoverimento.
In entrambi i casi siamo di fronte al fenomeno della neuroplasticità, solo che la modalità con cui essa avviene e il risultato finale sono di segno opposto

In evidenza nella grafica, la sinapsi, ovvero il punto in cui due neuroni comunicano attraverso il rilascio di neurotrasmettitori.
Neuroplasticità positiva e negativa.
Come tutti i cambiamenti, la plasticità cerebrale può essere di segno positivo o negativo.
Parliamo di neuroplasticità positiva quando il cervello aumenta il numero di connessioni sinaptiche, la loro efficienza, la loro specializzazione e come risultato è in grado di ottenere una serie di effetti notevoli:
- Imparare più velocemente
- Migliorare memoria e concentrazione
- Resistere allo stress e adattarsi più rapidamente
- Gestire meglio emozioni
- Recuperare da eventuali danni
- Sviluppare addirittura capacità sovra-umane (ti racconterò fra poco un esempio davvero ai confini della realtà)
Quando la neuroplasticità è negativa invece, il cervello si riduce di dimensioni e diminuisce il numero e l’efficienza delle sue connessioni, con conseguente decadimento funzionale.
Quest’ultima è la tipica esperienza che tanti vivono nella vecchiaia, ma che in realtà inizia molto prima.
Come possiamo controllarla?
Fattori che influenzano la neuroplasticità
Studi scientifici hanno messo in evidenza molti fattori che interagiscono positivamente e negativamente con la neuroplasticità.
I principali sono:
Stimoli sociali e ambientali
Una vita sociale ricca e varia mantiene il cervello più giovane. Per contro, la riduzione delle interazioni sociali si associa a maggiori probabilità di declino cognitivo.
E’ quello che può capitare agli anziani quando, andando in pensione, non sostituiscono gli stimoli della vita lavorativa con altri stimoli altrettanto forti.
Ma anche ai bambini che vivono in ambienti sociali difficili, deprivati da un punto di vista culturale e sociale.
Stress
Lo stress sopprime la neuroplasticità, che è invece stimolata da qualunque attività in grado di ridurlo: per esempio, meditazione, yoga, mindfullness, esercizio fisico.
In particolare per la meditazione, studi di neuroimaging hanno dimostrato che essa è in grado di:
- ridurre la reattività dell’amigdala, un piccola parte del cervello che è correlata alle sensazioni di stress e paura (crf: Buddha’s Brain: Neuroplasticity and Meditation)
- favorire l’ispessimento della corteccia cerebrale frontale e dell’ippocampo (la zona del cervello più coinvolta nella memoria)
Qualità del Sonno
Uno dei miti moderni della produttività è stato quello di dormire solo 4-5 ore per notte.
Si tratta però di un grande errore.
La mancanza di sonno provoca infatti squilibri ormonali (sopratutto rispetto alla secrezione del cortisolo, che tra l’altro è uno degli ormoni dello stress) e declino cognitivo.
Dormire poco e male è un problema che non va sottovalutato, ma affrontato con decisione, anche tramite l’aiuto di esperti.
Dieta ed esercizio fisico
Si tratta di variabili complesse da analizzare, ma ormai c’è un certo accordo nel ritenere che Omega 3, antiossidanti e una moderata restrizione calorica siano in grado di promuovere la neuroplasticità.
Effetto che è ancora più evidente quando la dieta è associata all’esercizio fisico.
Per contro, sovrappeso, scarsa attività fisica, e grassi trans sono correlati con la diminuzione della neuroplasticità.
Allenamento cerebrale
Il brain training, come racconto in un mio articolo, è un terreno ancora “minato”. Esiste e funziona, ma non si è ancora capito bene come, quando, in che misura.
Alla fine dell’articolo ti darò dei consigli.
E, per avere altri spunti, puoi leggere questa raccolta di esercizi per allenare la mente facili e molto conosciuti.
Qui invece, ti voglio raccontare un famoso esperimento che ti dimostrerà come la neuroplasticità sia una naturale risposta all’allenamento cerebrale.
Devi sapere che, per prendere la licenza da tassista a Londra, è necessario superare un esame per il quale il candidato deve avere memorizzato un labirinto di più di 25 mila strade e stradine in un raggio di 10 kilometri da Charing Cross, nel cuore della città.
Normalmente richiede circa 4 anni di preparazione.
Eleanor Maguire, dell’University College di Londra, ha analizzato un gruppo di 79 aspiranti taxisti misurando le dimensioni del loro ippocampo all’inizio della preparazione dell’esame e 4 anni dopo, al termine della medesima.
L’ippocampo è una struttura cerebrale profonda fortemente coinvolta nei processi di memorizzazione.
La Dottoressa Maguire ha scoperto che, in quei 4 anni, le dimensioni dell’ippocampo erano notevolmente aumentate.
Grazie all’allenamento, il cervello degli aspiranti taxisti era diventato inequivocabilmente più efficiente.
Per farlo, era andato incontro a modificazioni strutturali (risultato della neuroplasticità!) così notevoli da essere misurabili con la risonanza magnetica.
Mindset e neuroplasticità
Ancora più importante dei fattori appena visti, o meglio, pre-condizione perché essi siano efficaci, è il Mindset con cui pensi alle tue capacità cerebrali.
Per migliorarle devi per prima cosa convincerti di poterlo fare davvero.
Lascia che ti spieghi perché.
In un articolo di qualche tempo fa raccontavo che le persone possono avere due tipi di Mindset:
Fixed Mindset: queste persone sono convinte di nascere con un bagaglio di capacità determinato e immutabile, una “quantità di intelligenza ” che rimane fissa per tutta la vita o al limite diminuisce con l’età.
Growth Mindset: queste persone credono che le loro capacità possano cambiare in positivo ed essere incrementate per tutto il corso della loro esistenza.
Poco fa abbiamo proprio visto come dieta, esercizio fisico, controllo dello stress, sonno, allenamento mentale, possano incidere positivamente o negativamente sulla tua neuroplasticità.
Se hai un atteggiamento “Growth” ti verrà allora naturale curare tutti questi aspetti per ottenere dei risultati.
Se invece hai un atteggiamento “Fixed”, sarà più difficile che tu metta in atto le strategie necessarie a modellare positivamente il tuo cervello.
Per tutti i “fixed mindset” che stanno leggendo questo articolo, ecco allora una storia di neuroplasticità davvero incredibile e ispiratrice.
Un caso clamoroso di Neuroplasticità: la ecolocalizzazione umana
Nella lista delle cose che possiamo fare grazie alla neuroplasticità, ti ho anticipato che ce ne sono alcune davvero sovra-umane.
Fra esse, quella che trovo più emozionante è la ecolocalizzazione umana.
La ecolocalizzazione è la capacità di individuare la posizione e le dimensione di oggetti nell’ambiente creando dei suoni e analizzandone mentalmente l’eco.
La usano i pipistrelli, le balene, i delfini, e permette loro di muoversi nel buio più completo evitando ostacoli e riconoscendo i pericoli.
Incredibilmente, è una capacità che anche gli esseri umani sono in grado di sviluppare.
In particolare, alcuni non vedenti sono in grado di utilizzare l’ecolocalizzazione in maniera straordinariamente efficiente, registrando non solo la posizione e la dimensione degli oggetti, ma persino il materiale di cui è fatta la loro superficie.
E lo fanno grazie all’eco sonoro che ricevono schioccando la lingua o colpendo il terreno col bastone da passeggio.
Alla base di questa capacità c’è, nuovamente, la neuroplasticità.
Effettuando la risonanza magnetica funzionale di individui in grado di ecolocalizzare gli oggetti, il prof Thaler della Durham University ha fatto una scoperta sorprendente.
Ad attivarsi quando viene sentito l’eco non sono le zone della corteccia uditiva che registrano il suono, ma quelle della corteccia visiva!

A sinistra, il cervello di un non vedente esperto in ecolocalizzazione. Quando ascolta una registrazione di suoni riflessi da oggetti, si attiva la sua corteccia visiva. A destra, un individuo che non conosce la ecolocalizzazione: i suoni registrati non causano alcuna attivazione della sua corteccia visiva.
Nei non vedenti esperti di ecolocalizzazione dunque, avviene una completa riconversione funzionale di un’area corticale normalmente deputata a tutt’altra funzione.
La corteccia visiva, che normalmente converte stimoli visivi in immagini, impara a convertire in immagini i segnali sonori.
Ovviamente queste immagini non hanno la stessa precisione di dettagli di quelle percepite con gli occhi.
Tuttavia sono sufficienti per permettere al non vedente di fare cose come andare in bicicletta e schivare degli ostacoli, camminare in un bosco pieno di alberi, orientarsi in un ambiente sconosciuto.
Si tratta di un fenomeno davvero incredibile, che tra l’altro sta aprendo scenari futuristici grazie a studi sul potenziamento dei segnali attraverso l’impianto di elettrodi cerebrali.
Cosa ci riserva il futuro
Vorrei adesso che tu riflettessi su una cosa.
Potrà sembrare incredibile oggi, ma ancora qualche decennio fa c’erano pochissime palestre e chi le frequentava era spesso visto come qualcuno strano, fissato.
Alla stessa maniera, chi al mattino andava a fare running o decideva di muoversi per lo più in bicicletta, era considerato o un hippie o un fanatico di mode americane.
Oggi invece, praticamente chiunque sa che l’esercizio fisico è parte integrante di una vita sana e felice.
Alla stessa maniera, fra qualche anno, allenamento cerebrale e neuroplasticità diventeranno concetti ampiamente conosciuti e condivisi da tutti.
Parte naturale della nostra vita quotidiana e della nostra salute.
Il concetto di mantenere il cervello in allenamento come se fosse un muscolo non è quindi semplicemente un luogo comune, un mito o un modo di dire pseudoscientifico.
Gli studi sulla neuroplasticità hanno dimostrato che è possibile esercitare il nostro cervello per modificarne la struttura e renderlo più performante.
Cosi come hanno dimostrato che cattive abitudini e disuso lo impoveriscono e danneggiano.
Passerà probabilmente ancora molto tempo prima che questi studi ci aiutino a trovare una cura per le patologie degenerative cerebrali.
Tuttavia, è fantastico sapere che anche il nostro cervello e la sua salute sono in parte sotto il nostro controllo.
Qualunque età tu abbia, in qualunque condizione tu sia, usa il tuo cervello al massimo.
Circondati di stimoli intellettuali e sociali.
Mangia bene, dormi bene, muoviti, medita, rilassati.
Studia, leggi, suona, fai le parole crociate, il sudoku, gli indovinelli.
Cerca sempre di imparare cose nuove.
Mantieni la mente aperta a nuove idee, nuovi trend, nuove maniere di vedere le cose.
Fai tue le parole di Sherlock Holmes:
“Il mio cervello si ribella di fronte a ogni forma di stasi, di ristagno intellettuale. Datemi dei problemi da risolvere, datemi del lavoro da sbrigare, datemi da decrittare il più astruso crittogramma, o da esaminare il più complesso intrico analitico e io mi troverò nel mio elemento” .
Un saluto! Armando.
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