
Fra le tante bugie che si leggono su come essere più produttivi, una delle più difficili a morire è quella sul multitasking.
La ragione è comprensibile: durante la nostra giornata tipo, siamo soggetti a talmente tanti stimoli diversi che la capacità di occuparsi di più cose allo stesso tempo suona davvero come la soluzione ideale.
La verità, però, è che il multitasking non solo è inutile, ma anche dannoso.
Il fatto che, nonostante questo, tanti si ostinino con orgoglio a praticarlo, dipende in parte da mera suggestione e in parte da interessanti ragioni biologico evolutive che ti racconterò.
Intanto però, partiamo dall’inizio…
Che cosa è il multitasking
Lo sapevi che la parola “multitasking” è stata inventata negli anni 60 dai programmatori di computer?
Indica la capacità di un software di eseguire più programmi allo stesso tempo, con una simultaneità che, però, è solo apparente: in realtà, infatti, il software salta continuamente da un programma all’altro.
La stessa cosa capita al nostro cervello quando eseguiamo due compiti che occupano gli stessi canali cognitivi: la sua attenzione non rimane fissa su entrambi i compiti, ma saltella continuamente fra di essi.
Possiamo quindi, per esempio, canticchiare e correre contemporaneamente con adeguata concentrazione su entrambe le attività: infatti, in questo caso, i canali cognitivi utilizzati sono diversi.
Ma quando i canali cognitivi sono gli stessi o quasi, come capita per esempio per le coppie di azioni parlare/scrivere oppure guidare/guardare il cellulare, la nostra concentrazione è costretta a saltellare da una attività all’altra, così che entrambe ne risentono negativamente.
Non a caso, secondo le statistiche, un quarto degli incidenti automobilistici è ormai dovuto all’uso del cellulare in macchina.
Eppure, sono in tanti quelli che ancora si ostinano a dire che non c’è nessun problema ad ascoltare un messaggino mentre guidano.
Probabilmente è perché il multitasking li ha anche fatti diventate un po’ più stupidi.
E non sto scherzando: come leggerai fra poco, la cosa è stata ampiamente dimostrata dal professor Clifford Nass della Stanford University.
L’esperimento di Nass sul Multitasking
Nell’estate del 2009, affascinato dalle presunte capacità dei multitaskers – in quegli anni il multitasking era così di moda che la gente lo inseriva persino nel suo curriculum vitae – il professor Clifford Nass decise di indagare più a fondo le loro abilità.
Divise così un campione di studenti in due gruppi:
- Uno composto da high multitaskers, ovvero individui specializzati nell’eseguire più compiti contemporaneamente.
- Un altro da low multitaskers, ovvero individui propensi a occuparsi di un unico compito alla volta.
Li sottopose poi a una serie di test cognitivi incentrati soprattutto sulla accuratezza e velocità con le quali erano in grado di individuare informazioni rilevanti inframezzate a distrazioni di vario tipo.
I risultati che ottenne furono sorprendenti.
Gli studenti high multitaskers, infatti, contrariamente a quello che ci si aspettava, ottennero punteggi (in media) molto inferiori a quelli dei low multitaskers.
Non erano cioè quei fenomeni che ci si aspettava, anzi, erano più scarsi un po’ in tutto.
A questo esperimento ne seguirono molti altri che, in pochi anni, rovesciarono completamente quelle che, fino a quel momento, erano state le credenze comuni sul multitasking.
In particolare, si dimostrò che esso:
- Ha effetti negativi sulla nostra memoria di lavoro, ovvero la memoria che ci permette di eseguire una qualunque azione o compito (Cfr. Studio della Università della California).
- Favorisce l’aumento dell’ansia e dello stress, attraverso un meccanismo di rapido esaurimento delle nostre risorse energetiche cerebrali (Cfr. Daniel Levitin, McGill University di Montreal).
- Inibisce il pensiero creativo, perché affollando la mente con più compiti non le lascia la tranquillità e lo spazio necessario per concepire idee originali.
- Causa un aumento del numero di errori e, secondo uno studio del Kings Psychiatry College di Londra, una diminuzione di performance anche di 10 punti nei test del QI.
Nonostante questo però, ci ostiniamo a vivere cercando di dedicare la nostra attenzione e le nostre energie a 10 cose contemporaneamente.
Come mai?
Perché ci piace tanto il multitasking
Secondo Clifford Nass, la nostra propensione al multitasking poggia sulle stesse ragioni per le quali esageriamo con i cibi dannosi.
Per centinaia di migliaia di anni ci siamo evoluti in un ambiente con scarsità di risorse, e così abbiamo imparato a preferire i cibi ad alto contenuto di calorie, grassi e zuccheri.
Allo stesso modo, abbiamo sviluppato una predisposizione a prestare attenzione a più informazioni possibili, in particolare relativamente agli altri esseri umani, perché vitali per la nostra sopravvivenza.
Esattamente come per il cibo però:
Ciò che in un ambiente caratterizzato dalla scarsità è stato vantaggioso, è diventato uno svantaggio in un mondo caratterizzato dall’abbondanza. Clifford Nass
O, detto, in altre parole, quando sulla terra eravamo quattro gatti e non esistevano cellulari/giornali/tv/libri/colleghi d’ufficio/amici del circolo etc etc, essere iper-reattivi rispetto agli input esterni era un vantaggio.
Oggi che siamo 7 miliardi e siamo bombardati dalle informazioni, questa iper-reattività affolla la nostra mente in maniera eccessiva e la fa funzionare male.
Fai una cosa alla volta
“Fai una cosa alla volta” mi dicevano mia mamma e la mia maestra delle elementari.
E’ quello che ripeto ogni giorno a mio figlio di 5 anni, ed è quello che dico oggi anche a te.
Soprattutto quando vuoi ottenere risultati in un compito cognitivamente complesso, dimentica l’illusione del multitasking e dedica invece tutta la tua incondizionata attenzione ad una unica cosa.
Per farlo, ti consiglio alcune regole di cui ho già parlato spesso nel blog, e che hanno lo scopo di proteggere il tuo tempo dalle intromissioni altrui e dalla tua tendenza naturale a farti distrarre:
- Impara a dire di no: avrai più tempo per ciò che è davvero importante ed insegnerai alle altre persone a rispettare i tuoi momenti di lavoro e concentrazione.
- Pratica il minimalismo digitale: in particolare, avere un occhio continuamente sullo smartphone è la causa più comune di multitasking. Quindi tieni il telefono spento e il più lontano possibile da te.
- Svegliati molto presto al mattino: approfitterai del fatto che, mentre tutti gli altri dormono, è più facile concentrarsi su una unica cosa evitando distrazioni/interruzioni.
- Utilizza delle to do list: se decidi in anticipo quello a cui ti vuoi dedicare e lo metti per iscritto in una to – do – list, sarà più facile evitare che si sovrappongano altre attività.
- Utilizza la tecnica del pomodoro: come racconto nel relativo articolo, ogni pomodoro sono 25 minuti di attenzione incondizionata a un determinato compito.
Ma, soprattutto, è necessario che attui un cambio completo di mentalità, realizzando il fatto che, in un mondo (quello occidentale) caratterizzato dalla abbondanza di scelte e di risorse, meno è meglio.
Non solo dal punto di vista della produttività, ma anche da quello etico ed esistenziale.
Infatti, quando ti liberi di tutto il rumore che ti circonda e ti ritrovi con meno cose, ma più importanti, ecco che diventa facile trovare il tuo vero focus e raggiungere i tuoi veri obiettivi.
Giuseppa dice
D’accordissimo, soprattutto considerando quanta gente cerchi di far passare il multitasking come soluzione a tutto e in alcuni casi cerchi anche di venderlo a caro prezzo in “corsi per la produttività lavorativa”.
Rosario dice
Grazie per l’intervento, ho vissuto abbastanza per confermare i punti segnalati. In particolare uno, avere la testa libera favorisce la fantasia, invita a valutare le ipotesi più disparate, l’idea fuori del comune, il colpo brillante e inatteso.