
Il metodo Ivy Lee di cui ti parlo oggi non solo è un sistema davvero ottimo per aumentare la produttività anche dei più distratti e svogliati, ma ha anche una storia davvero interessante.
Ci riporta infatti a circa 100 anni fa, nell’atmosfera della New York upper class di inzio ‘900, fra magnati dell’acciaio, case stravaganti e influencer ante litteram (si chiamavano allora “esperti di relazioni pubbliche”).
Charles W. Schaub, uno dei protagonisti, è un ingegnere 50enne che, partito come impiegato nelle acciaierie di Andrew Carnegie, ha realizzato una impressionante scalata sociale fino a diventare lui stesso uno dei più grandi produttori d’acciaio statunitensi.
Per far dimenticare le sue relativamente umili origini si è costruito una casa strana e pazzesca di ben 75 stanze nel cuore di Manahttan, che diventa nota fra i suoi contemporanei col nome di “Riverside”.
Ecco una foto d’epoca (ora la casa non esiste più) di Riverside. A metà fra Dalí e la Famiglia Addams.
Ma per poter competere con gente come Carnegie o Rockfeller questo non basta.
Schwab cerca allora continuamente metodi innovativi (e, per i tempi, decisamente illuminati) per aumentare il rendimento delle sue fabbriche e dei suoi operai, fa esperimenti, contratta i più grandi consulenti dell’epoca.
Un giorno del 1918 si incontra nel suo ufficio con Ivy Lee, personaggio eclettico, pubblicitario, e fondatore di quelle che oggi chiamiamo Pubbliche Relazioni (suo è stato quello che si considera il primo comunicato stampa della storia).
Quando la discussione cade sulla produttività, Ivy Lee fa a Schwab una proposta:
“Lasciami 15 minuti con ognuno dei tuoi manager – gli dice – e gli spiegherò il mio metodo infallibile”.
Schwab gli chiede quanti soldi gli costerà, ma Lee è così sicuro di sé che risponde:
“Adesso nulla. Decidi tu fra 3 mesi, in base ai risultati, quello che merito”.
Tre mesi dopo Schwab gli invia un assegno pari a circa 500 mila dollari di oggi.
Che cosa disse Lee ai manager da valere così tanto per soli 15 minuti?
Il metodo Ivy Lee passo per passo
Il metodo segreto che Lee svelò ai manager di Schwab è fatto di 5 semplici passi:
- Ogni sera, scrivi su un foglio di carta le sei cose più importanti che devi fare il giorno dopo, in ordine di priorità.
- Il giorno dopo, comincia a lavorare partendo dalla prima, e non ti dedicare alla successiva fino a quando non hai finito.
- Finita la prima, passa alla seconda, e non ti dedicare alla successiva senza prima aver finito la seconda. E così via fino a che non le completi tutte.
- Se non termini la lista, sposta al giorno successivo gli elementi non terminati.
- Ripeti questo schema ogni giorno, tutti i giorni.
Semplice no?
Tra l’altro è molto simile alla mia tecnica dei 7 minuti per studiare meglio (che però è un po’ più “morbida”. Io, sbagliando, sono un po’ più accomodante di come lo era Ivy).
Fra poco vedremo perché ha funzionato e funziona tutt’ora, dopo 100 anni, così bene.
Seguimi, perché se ne afferri i motivi e te ne convinci sarà poi più facile iniziare ad usarlo per davvero.
Perché il metodo Ivy Lee funziona
Ti costringe a semplificare e pianificare
E’ chiaro che, trattandosi di 6 azioni al giorno, non potrai scrivere cose come “dominare il mondo”, “studiare per l’esame”, “scrivere un libro”.
Sarai invece costretto a spezzettare ogni grande obiettivo e compito in azioni più piccole e dunque fattibili e misurabili.
Nella lista ci saranno cose come “studiare e ripetere da pagina x a y”, “correre 6 km”, “fare 14 slide di presentazione in powerpoint”, e così via.
Dovrai, insomma:
- Fare una attenta analisi dei tuoi obiettivi di lungo termine
- Dividerli in azioni più semplici
- Pianificare l’intero percorso che ti porterà a raggiungerli
Ti dà un feedback continuo
Più passa il tempo e più scrivo di metodi e sistemi per studiare e vivere meglio, più mi rendo conto di quanto, in ogni campo, avere un feedback puntuale e costante sia indispensabile per progredire.
D’altro canto, se nessuno ti dice come stai andando, come puoi migliorare?
Con il sistema di Ivy Lee ogni sera, tutte le sere, ti viene detto se le tue previsioni del giorno prima sono state accurate, e puoi fare una analisi degli scostamenti, cioè capire se e perché le cose sono andate diversamente da quanto previsto:
- Magari sei stato troppo ottimista la sera prima o hai sottovalutato la difficoltà di alcuni compiti. Potrai dunque aggiustare il piano generale in base ai progressi reali
- Magari invece è sopravvenuto qualche imprevisto. Potrai allora chiederti se era davvero tale, e riflettere su con quanta frequenza si generano eventi di quel tipo, e come puoi fare a ridurne l’impatto sul tuo lavoro.
- Magari invece la pianificazione era accurata e niente si è frapposto fra te e gli obiettivi, eccetto il fatto che non hai avuto abbastanza voglia. E’ il caso di riflettere allora un po’ sulle tue motivazioni?
Insomma, come nel racconto del taglialegna (lo trovi in questo lungo post), il metodo di Ivy Lee è una maniera semplice per fare sì che la tua ascia sia sempre affilata a puntino.
Ti fa concentrare
Uno degli elementi essenziali del Metodo è che si fa una cosa alla volta e non si passa alla successiva fino a quando non si è finito.
Ora, nell’era della distrazione questo è fantastico. Forse un po’ “duro” da accettare, ma fantastico.
E quindi, soprattutto a chi ha problemi di concentrazione, consiglio di attenersi in maniera rigida a questa parte del metodo.
Ti fa lavorare per priorità e ti costringe a fare scelte
Perché 6 cose e non 8 o 4 o 12?
In parte perché il metodo nasce per la tipica giornata lavorativa da 8 ore, che diviso 6 fa un’ora e 20 minuti per ciascuno dei compiti che ti assegni.
Uno “spezzettamento” che Ivy considerò ragionevole. Invece:
- Se per esempio ti dai un solo compito per 8 ore di lavoro, significa che non lo hai analizzato e spezzettato sufficientemente.
- Se al contrario te ne dai 24, significa invece che hai spezzettato troppo, cosa che non è necessario fare, visto che ha anche un costo in termini di tempo.
Tuttavia il punto vero alla fine non è il numero esatto di compiti che ti dai: se per esempio ragioni su un orario differente puoi certamente aumentare o diminuirne il numero.
Il punto vero è darsi un numero preciso, un obiettivo concreto e realista, un limite.
Spesso lavoriamo deconcentrati, senza priorità, facendoci interrompere da tutto e tutti, divagando e saltellando. E alla fine della giornata abbiamo la sensazione di aver lavorato tanto e combinato niente.
Scegliere un numero ristretto di cose ti toglie da questa modalità e mentalità di fare le cose, costringendoti a scegliere che cosa è più importante da fare per te ogni giorno.
Ti fa andare a dormire contento
Conosco molti studenti che, quando preparano gli esami, si fanno distruggere dall’ansia, nell’eterna convinzione di essere sempre indietro.
Così come molti professionisti e impiegati, specialmente in alcuni campi, che a fine giornata non riescono davvero a dare un senso al lavoro che hanno fatto.
Una volta era facile capire dove se ne andava il proprio tempo.
Lo è molto meno ora con i mestieri moderni, spesso non associati in maniera evidente alla produzione di qualche cosa di tangibile.
In questi casi, quando alla sera prepari la lista nuova e strappi quella vecchia che hai appena terminato, sei finalmente in grado di apprezzare e toccare con mano le cose che hai fatto / ottenuto durante la giornata.
Stai misurando i passi sul tuo cammino, e questo ti fa sentire in controllo. Sensazione bellissima, almeno in certi casi, e che ti fa andare a letto sereno.
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Il metodo Ivy Lee e quello del rospo
“Ogni mattina, appena alzato, per prima cosa mangia un rospo vivo. Da quel momento in poi tutto quello che farai nella giornata ti sembrerà semplice”
Questa frase l’avrai magari già sentita, attribuita di volta in volta a Mark Twain, a Confucio, a mille altri ancora.
Recentemente poi il guru moderno Brian Tracy, sull’espressione “Eat that frog” (mangia quel rospo), c’ha costruito un impero milionario, facendone il cardine del suo metodo anti-procrastinazione.
Ora, di per sé il concetto non è male, e una volta ne parlerò magari diffusamente.
Qui invece voglio sottolineare che, anche se apparentemente simile al metodo di Ivy Lee, quello del rospo è in realtà diverso, ed è importante evitare confusioni.
“Eat That Frog” ti dice infatti di cominciare la tua giornata facendo subito le cose più spiacevoli, quelle che ti costano più fatica, che odi di più.
In questa maniera te le togli di torno e potrai passare, finalmente con la mente libera, a fare il resto. E’ un approccio dunque emotivo, più che razionale.
Il metodo di Ivy invece non parla affatto di piacevole / spiacevole, solo di più importante / meno importante, privilegiando un approccio razionale ai problemi e alla loro risoluzione.
Entrambi sono secondo me validi, ma vanno usati in momenti diversi.
- C’è qualche cosa che ormai si è incancrenita, che ti tiene la testa occupata, che rimandi da sempre senza mai trovare né un momento per farla né un motivo per NON farla? Beh, allora, Eat the frog e poi dimenticatene.
- Vuoi raggiungere un obiettivo di lungo termine e hai bisogno di pianificare il percorso e camminare lungo di esso un passo alla volta? Usa il metodo Ivy Lee.
Nulla ti vieta poi di alternarli (anche se secondo me l’Ivy dovrebbe nel tempo essere il prevalente), così come nulla vieta che i due coincidano: spesso il rospo è anche la tua priorità numero uno.
Conclusioni
Ci sono molti sistemi per pianificare il lavoro e aumentare la produttività.
Spesso prevedono l’utilizzo di App tecnologiche, fogli di calcolo, strumenti di tracking, e hanno interfacce accattivanti e design moderno.
Alcuni ci si trovano benissimo, ma la maggior parte delle persone fanno fatica anche solo a capire come si usano.
Se quindi sei un procrastinatore cronico e io dovessi consigliarti da dove partire per migliorare, non avrei dubbi: parti con il Metodo di Ivy Lee.
Perché in più di un secolo ha provato la sua efficacia con situazioni e persone di tutti i tipi, in parte per i motivi visti sopra, e in parte per una ulteriore ragione che non ho ancora menzionato: è straordinariamente semplice da usare.
Bastano una penna, un foglio di carta e 10 minuti di tempo ogni sera.
E questo secondo me è impagabile.
Stefano dice
Caro Armando, grazie per il lavoro che ci offri con costanza e semplicita’ leggerti e’ sempre motivante e positivizzante, lo dice un affetto cronico di rimandite.
Grazie
Armando Elle dice
Ciao Stefano, grazie a te per il commento! Un saluto e a presto
Ardy dice
Anche qui Armando, è riuscito a colpirmi. Come i precedenti commenti anch’io non ne avevo mai sentito parlare. Anche qui ci proverò. Magari con 3 cose al giorno sullo stesso intervallo di tempo. Poi pian pian arriverò anche a sei.
Armando Elle dice
Ottimo, fammi sapere come va. Vedrai che farlo con costanza non è affatto facile, ma quando lo fai i risultati si vedono. Un saluto!
Raffaele dice
Uno degli articoli più belli che abbia mai letto, complimenti come sempre Armando; gli stessi argomenti vengono trattati da mille persone, ma trovi sempre il modo più motivante e appassionante di farlo.
Son felice che il blog sia ripartito.
Armando Elle dice
Grazie!
Salvatore dice
Come sempre sono preziosi i tuoi articoli. Nel mio immaginario tutto cio che è metodico come primo impulso non viene accettato. Non seguirò il primo pensiero perché non sempre è esente da condizionamenti. Applichero il metodo lee grazie a te per come imposti ogni argomento. Ciao armando
Armando Elle dice
Ciao Salvatore, anche io non sono uno metodico, ed è per questo che mi è così utile avere un metodo: mi aiuta sui miei talloni d’achille.
Un saluto e grazie del commento
Marco dice
Complimenti per l’articolo, scritto molto bene. Non ne avevo mai sentito parlare. Leggo spesso su internet articoli triti e ritriti. Il tuo invece merita sia per la novità che per la pratacità del metodo suggerito.
Armando Elle dice
Grazie Marco
CARBONE luigi dice
Ottimo articolo, tuttavia va fatta una rettifica. Il magnate dell’acciaio era Andrew Carnegie che è un personaggio diverso da Dale carnegie (scrittore e sceneggiatore). Molto spesso questi due uomini dallo stesso cognome (che io sappia non erano parenti))vengonoi.
Armando Elle dice
Grazie Luigi, ho verificato ed editato secondo tua indicazione. Devo dire che mi sono davvero stupito, perché in tanti anni non mi ero mai reso conto della cosa! Avevo sempre identificato i due Carnegie come un’unica persona. Si impara sempre qualcosa. Ciao