
Karl Duncker era uno psicologo Gestalt interessato ai meccanismi cognitivi del problem solving.
Nel suo notissimo “ problema della candela”, a ciascuno dei partecipanti Duncker presentò per prima cosa una serie di oggetti su un tavolo:
- una candela
- dei fiammiferi
- una scatola di puntine da disegno
Gli chiese quindi di utilizzarli per collocare la candela sul muro in maniera che, una volta accesa, la cera non colasse per terra.

Ecco sul tavolo le puntine, la candela e i fiammiferi. Come fai a mettere la candela sul muro e tenerla accesa senza che sgoccioli per terra?
Molti dei partecipanti cercarono di attaccare la candela al muro in vari modi e posizioni, utilizzando le puntine e la cera stessa della candela, dopo averla sciolta grazie ai fiammiferi.
I risultati furono davvero mediocri, perché nel migliore dei casi la candela non solo sgocciolava a terra, ma cadeva giù dopo una manciata di secondi.
Pochissimi invece arrivarono all’ovvia soluzione:
- Svuotare la scatola delle puntine
- Attaccare la scatola al muro con le puntine stesse
- Mettere la candela dentro la scatola
- Accenderla e dimostrare di aver risolto il problema.
Per spiegare le ragioni di questa incredibile mancanza di abilità nel problem solving, Duncker ripetè lo stesso esperimento con un altro gruppo di persone, variandolo in maniera tanto piccola quanto significativa.
Gli oggetti infatti erano esattamente gli stessi, ma questa volta le puntine non erano dentro la scatola, ma fuori.

Vedendo la scatola vuota, viene naturale pensare di utilizzarla come portacandele.
Manco a dirlo, i partecipanti del secondo gruppo arrivarono molto rapidamente alla soluzione del problema, cioè utilizzare la scatola come porta candela e fissarla al muro con le puntine.
Ma perché i partecipanti del primo gruppo, vedendo la scatola di puntine piena, non erano riusciti a immaginare la soluzione?
A causa di un fenomeno che Duncker chiamò “Fissità funzionale”
Fissità funzionale
“La fissità funzionale è un atteggiamento mentale che ci rende in grado di vedere soltanto le soluzioni che implicano l’impiego di oggetti nel modo più abituale o consueto.”
Nel caso della scatola di puntine di cui sopra, il vederla piena fa si che il nostro cervello la categorizzi immediatamente:
“Serve per mettere dentro le puntine!”
E faccia poi fatica a svincolarsi da questa prima categorizzazione, rimanendo appunto FISSATO su di essa.
Quando invece, come avvenne per i partecipanti del secondo gruppo, il cervello la vede vuota, ecco che la categorizza come potenziale contenitore di qualunque cosa.
E quindi gli viene naturale pensare di utilizzarla per metterci dentro anche la candela.
La fissità funzionale sembra, a osservare razionalmente il problema della candela, qualcosa di davvero incredibile: come fa il nostro cervello a bloccarsi e non trovare soluzioni così ovvie?
In realtà questi blocchi mentali ci capitano continuamente e in mille ambiti diversi.
E la fissità funzionale, che ne è alla base, ha una sua profonda ragione d’essere.
Generalizzazione del problema della candela di Duncker.
Per spiegarti la ratio del problema della candela, devo parlare di una delle mie fissazioni: l’evoluzione umana.
Chi mi segue da un po’ sa che, praticamente un articolo si e uno no, la incolpo di qualcuno dei nostri tanti gravi difetti.
In realtà è perché trovo affascinante che, in una maniera o nell’altra, tutto ha una spiegazione che parte dalla notte dei tempi ….
Vedi, il problema della fissità funzionale dipende dal fatto che, per pensare, il cervello consuma una quantità spropositata di energia, soprattutto se la mettiamo in relazione all’esiguo peso dell’organo in sé.

Il cervello pesa poco meno di un chilo e mezzo, e consuma a riposo 1/4 del nostro budget energetico giornaliero.
Oggi questo non è un problema, anzi: basta aprire il frigo per riempirsi, anche in maniera eccessiva e sbilanciata, di energia.
Ma, per la maggior parte della nostra storia evolutiva, abbiamo vissuto in un ambiente dove il cibo era scarso, e rifornirsi di energia era complesso e faticoso.
Per questa ragione, il nostro cervello è estremamente parsimonioso quando si tratta di utilizzarla.
E tende dunque ad agire attraverso la ripetitività, i pattern, gli schemi pre-costituiti: si tratta infatti di modalità operative a basso consumo.
Detto in altre parole, per risparmiare energia il nostro cervello ha una tendenza naturale a cercare di pensare il meno possibile.
In questo senso, la fissità funzionale è positiva: immagina se, quando devi piantare un chiodo, invece di dirigerti con decisione verso il martello ti toccasse considerare ogni volta tutti gli attrezzi presenti nella tua cassetta.
Il problema capita quando, dovendo risolvere un problema appena più difficile, il cervello non riesce neanche a rendersi conto che una scatola di puntine, una volta svuotata, è un ottimo portacandele. .
E non credere che il problema sia circoscritto a cose poco significative come una candela e una scatola di puntine.
Anche in tutto ciò che è importante, ed in particolare poi nella vita adulta, tendiamo a fissarci su un numero ristretto di idee, strategie, metodi e soluzioni, diventando quasi ciechi alle alternative.
Questo ci rende straordinariamente efficienti in tutto ciò che è ripetitivo e di ordinaria amministrazione (ed ecco perché è così importante sviluppare delle buone abitudini) ma potenzialmente molto scarsi ogni volta che c’è bisogno di un guizzo di creatività e comprensione in più.
Esiste una maniera perfetta di bilanciare la tendenza a risparmiare energia e l’esigenza di produrre analisi e soluzioni di qualità?
Il cervello perfetto?
Se vi attenete alle vostre routine potete avere la mente libera, a disposizione dell’impulso creativo. William James
Contrariamente alla credenza popolare che vede abbinati genio e sregolatezza, la maggior parte delle persone che riesce a esprimere il proprio talento lo fa coltivando abitudini quasi monacali: si svegliano alle 5 e mezza del mattino, fanno lunghe passeggiate, tengono un diario minuzioso della loro vita (magari scrivendolo al contrario, come faceva Leonardo).
E’ nel pensare che, invece, i geni vanno a briglia sciolta.
La mia opinione è che il cervello “perfetto” si ottiene quando riesci ad essere:
- Estremamente abitudinario nelle azioni: infatti, incorporare le azioni (ciò che mangiamo, il nostro orario di studio e lavoro, la quantità di ore di sonno, l’esercizio fisico) in una serie di sane abitudini ti toglie il fastidio di dover spremere la forza di volontà decidere sulle quisquilie. Andrai cosi avanti col pilota automatico, senza stressarti né sforzarti più di tanto. Ne parlo nel mio articolo su come aumentare la forza di volontà.
- Estremamente NON abitudinari nel pensiero: quando infatti, per risolvere problemi complessi, ci rifacciamo a pattern e preconcetti, inevitabilmente produciamo soluzioni di bassa qualità. Non è un caso infatti vedere le persone ostinarsi a fare sempre gli stessi errori, cosa che vista da fuori sembra assurda, ma che invece, come hai visto, si spiega benissimo.
Ma come si fa a pensare in maniera nuova e originale?
Lo vedremo adesso, nell’ultima sezione dell’articolo, ritornando al punto da cui siamo partiti: il problema della candela di Dunker
Insight: vedere da lontano e con occhi nuovi
Nel descrivere come i partecipanti del secondo gruppo fossero riuscite ad arrivare facilmente alla soluzione, Duncker parlò di un concetto psicologico noto come Insight.
In inglese vuol dire “visione interna” e corrisponde grosso modo al termine italiano intuizione.
Ne avevo accennato parlando, a proposito del problem solving, dei cosiddetti momenti Eureka.
Quelli in cui ti si accende improvvisamente in testa la luce di una idea (tra l’altro, solo io ho notato l’ironia di Duncker, che ha utilizzato proprio il problema di “accendere una luce”, metafora da sempre utilizzata per “avere una idea?).
Visione interna però, come termine, mi piace più di intuizione: dà infatti una idea precisa di quello che succede in questo tipo di fenomeno.
Uno che ha appena avuto un insight per esempio, è facile che si esprima più o meno in questa maniera: “Stavo osservando il problema da un po’, ma brancolavo nel buio in cerca di una soluzione, quando improvvisamente essa apparve chiaramente davanti ai miei occhi”.
Come avrai notato, tutte le espressioni verbali utilizzate riguardano il meccanismo della visione.
Non è un caso: per stimolare l’insight infatti, per avere l’intuizione, bisogna fare un passo indietro e prendersi un momento di pausa per guardare le cose da lontano e con occhi nuovi, ridefinendo:
- Il problema
- I singoli elementi che ne fanno parte
- Le relazione fra di essi
Per farlo bisogna cambiare punto di vista, scomporre l’insieme in parti più piccole, andare a ritroso alle qualità fondamentali degli elementi, svincolandoli dalla loro apparenza.
Sai perché il primo gruppo di soggetti non riuscì a risolvere il problema della candela di Duncker?
Perché si misero immediatamente a provare a risolverlo, utilizzando gli elementi per loro visibili e ovvi: i cerini, le puntine, la candela.
Sarebbe bastato fare un passo indietro, svuotare la scatola, prendersi il tempo di considerare l’essenza di ciascuno di quegli oggetti, per vedere rapidamente la soluzione materializzarsi davanti ai loro occhi.
Ricordatene la prossima volta che devi attaccare una candela a un muro.
Un saluto. Armando.
Giovanni Spaziani dice
Davvero molto interessante,Grazie mille.
Armando Elle dice
Grazie a te