
Ammetto di non essere mai stato una persona che se ne frega del giudizio degli altri.
Certo, negli anni ho imparato a farmi scivolare addosso i giudizi superficiali delle persone che neppure mi conoscono, ma in realtà di cosa pensano di me gli altri me ne frega, eccome.
Così come a tutti coloro che dicono di fregarsene …. e che invece sono ben contenti quando qualcuno dimostra di apprezzarli.
Per questi il “chissenefrega” parrebbe valere, se mai, solo quando il giudizio è negativo, mentre quando è positivo – chissà perché – ecco che improvvisamente lo raccolgono con gioia.
E’ ovvio, insomma, che questa del “fregartene del giudizio degli altri” è tutta una balla un po’ ipocrita: non solo, in realtà, esso conta tantissimo per tutti, ma è anche giusto e naturale che sia così, e fra poco ti spiegherò il perché.
“Ma come!”, ti dirai. “Fregarsene del giudizio degli altri è il mantra di un’intera generazione, una specie di imperativo categorico, consigliato da fior di influencer, blog ed articoli”.
Effettivamente, a leggere in giro, sembra proprio che, più te ne freghi del giudizio altrui, più ti sarà facile avere successo ed autostima.
Io stesso, quando parlo delle ragioni fondamentali per cui le persone non realizzano i propri sogni, metto sempre ai primi posti la paura del giudizio altrui.
Il fatto però è che, come spesso capita, le cose non sono tutte bianche o tutte nere.
E quindi, fregarsene del giudizio degli altri è un’arma potente solo se impari ad usarla quando serve.
Diversamente, il giudizio altrui – che tu sostenga o meno di fregartene – diventa una tremenda spina nel fianco nella realizzazione delle tue potenzialità.
Vedremo allora insieme, in questo articolo:
- Perché diamo spesso così tanta importanza al giudizio degli altri
- Fino a che punto è sano e giusto fregarsene
- Quali sono i due sentimenti, uno negativo e l’altro positivo, che il giudizio altrui può innescare in noi
- Come si affronta, davvero, il giudizio degli altri.
Da dove nasce la paura del giudizio degli altri
La specie umana è stata da sempre profondamente condizionata dal giudizio altrui.
Anticamente, le risorse materiali erano molto scarse, la tecnologia non esisteva, il mondo era un luogo molto pericoloso in cui gli uomini, per sopravvivere, erano costretti a vivere in piccoli gruppi, con regole molto stringenti.
Essere giudicati male per qualche proprio comportamento poteva quindi portare, come conseguenza, l’esclusione dal gruppo.
E questo, in quei tempi di tigri dai denti a sciabola, significava niente meno che la morte fisica.
Oggi le cose sono per fortuna cambiate: l’ambiente in cui viviamo è molto più complesso, ma anche molto meno pericoloso.
E quindi, giustamente, si cerca di guardare alla diversità come a un elemento di ricchezza umana, non come a una minaccia.
Tuttavia, poiché geneticamente non siamo molto diversi dai cavernicoli del pleistocene, il giudizio altrui –per qualcuno più e per qualcuno meno – è un vero e proprio macigno psicologico col quale fare i conti.
Perché, anche se essere giudicati negativamente non porta più alla morte fisica, esiste un altro tipo di morte che può fare quasi altrettanta paura: quella sociale.
Ed è qui che le cose si fanno difficili.
Da una parte, infatti, come consigliano in tanti, me compreso, non bisogna condizionare le proprie scelte e opinioni alla paura di essere accettati dal proprio gruppo famigliare, sociale, lavorativo.
Dall’altra, però, quando hai tutti contro, beh, potrebbe anche essere che sei tu che stai sbagliando alla grande e che dovresti quindi avere l’umiltà di ammetterlo.
Per sbrogliare questa intricata matassa, ti propongo di rispondere insieme a due domande.
Fino a che punto è giusto fregarsene del giudizio degli altri?
Questa domanda me l’ha suggerita un blog che ultimamente seguo moltissimo, ovvero il bellissimo “Life advice that doesn’t suck”, di Mark Manson.
Partiamo da una premessa: il best seller assoluto di Manson – che consiglio anche nel mio articolo sui migliori libri motivazionali – è “La sottile arte di fare quel c+++ che ti pare” (sì, Manson è famoso anche per avere questo stile molto diretto!), quindi sembrerebbe che lui sia un propugnatore del “fregarsene senza se e senza ma”.
E invece, leggendo il libro, si capisce chiaramente che Manson non suggerisce affatto di vivere la propria vita come treni in corsa che non si fermano davanti a nulla e soprattutto davanti a nessuno.
Tutto il contrario.
Non è correndo impulsivamente – e compulsivamente – incontro ad ogni esperienza che troveremo la nostra vera strada.
Non è essendo incuranti del prossimo che ci libereremo dei fardelli della vita.
Non è facendo scelte sconsiderate e dettate dal desiderio del momento, che troveremo la felicità o la pace interiore.
Manson dice invece una frase che suona più o meno così: “Se ti ritrovi ad avere gli stessi problemi con 10 persone, dovresti prendere seriamente in considerazione di essere TU il problema”.
Il vero suggerimento di Manson – nel blog così come pure nel libro – è quindi molto lontano dal dire “Fa’ ciò che vuoi”
Piuttosto, è un invito a prendersi fino in fondo la responsabilità di fare ciò che senti giusto fare.
A maggior ragione, dunque, se la tua vita non ti piace e le tue relazioni col prossimo sono pessime, interrogarti con calma e sincerità sul giudizio che gli altri hanno di te può farti solo bene.
Vedrai che troverai risposte interessanti, fra le quali normalmente non c’é “tutti sono fuori di testa tranne me”.
E’ davvero sano fregarsene del giudizio degli altri?
Questa seconda domanda mi è stata ispirata direttamente da “Come trattare gli altri e farseli amici”, il grandissimo classico di crescita personale firmato da Dale Carnegie, scritto nel 1936 (ebbene sì 1936!), e ancora incredibilmente attuale.
Devo dire che il titolo non lo trovo azzeccatissimo, perché suona leggermente manipolatorio, vero?
Comunque, dopo aver visto le centinaia di recensioni pazzesche che ha (vedi? Il giudizio degli altri, dopo tutto, conta) mi sono convinto a leggere il libro, e devo dire che è davvero ottimo.
Carnegie parte dal presupposto che l’uomo è un animale sociale, è che non vi è nulla di più importante per un essere umano che sentire che gli altri suoi simili lo accettano e che sono realmente interessati a lui e alla sua vita.
Come conseguenza, l’intero libro, in cui porta moltissimi esempi di personaggi realmente esistiti, come generali, politici, capitani di industria, semplici venditori, persone che hanno seguito i suoi corsi, è permeato da un suggerimento generale: non è prendendo di punta le situazioni (o le persone), che avrai successo nella vita, né sarai felice, né otterrai alcun obiettivo.
Non è fregandotene del loro giudizio che vivrai meglio.
Vivrai meglio solo quando avrai davvero capito il loro punto di vista.
Perché solo capendo il punto di vista altrui riesci ad uscire momentaneamente dalle tue convinzioni per indossare quelle altrui, e da lì a lavorare per cercare un punto di incontro.
Questo non significa affatto rinnegare o spostare le tue convinzioni: se pensi siano giuste, puoi anzi re-iterarle fino all’infinito.
Il suggerimento di Carnegie, però, è di farlo con quello che gli esperti di comunicazione definirebbero oggi “comunicazione assertiva”: né aggressiva né passiva, ma solida e ferma.
Conclusioni
E allora che si fa?
Devi o no cercare di diventare un famoso attore anche se tutti ti dicono di lasciar stare?
Devi diventare ingegnere, come ti dicono la tua nonna e le statistiche sull’occupazione, o architetto, come vorresti fare tu?
Vale la pena alzare la mano in riunione per dire la tua, con il rischio che tutti pensino che hai detto una stupidaggine, o è meglio startene quieto a disegnare sull’agenda?
E quel vestito che ti piace tanto, davvero dovresti smettere di metterlo solo perché qualcuno ti ha detto che ti allarga i fianchi, o te la senti di osare un po’?
Insomma, devi fregartene o no?
Dipende.
Il giudizio altrui, infatti, può essere affrontato con due stati d’animo.
Il primo, è quello della paura, e non va affatto bene. Essa ti porta a scelte puramente reattive, di accettazione supina (quando rinneghi i tuoi comportamenti / idee per il desiderio di non essere escluso dal gruppo) o di ribellione distruttiva (quando esasperi i tuoi comportamenti e idee per il mero desiderio di metterti in conflitto con gli altri).
Il secondo, è quello del dubbio, che invece può essere il migliore alleato per il tuo miglioramento. Esso ti porta a scelte attive, con le quali riconsideri i tuoi comportamenti e idee, guardi con empatia al giudizio degli altri senza necessariamente accettarlo e, alla fine, fai le tue scelte – qualsiasi esse siano – con vera serenità e convinzione.
Quindi, quando ti senti sottoposto al giudizio altrui, prima di fregartene o conformarti, chiediti innanzitutto il perché di questo giudizio.
Attenzione, non sto parlando del vicino di casa che ti parla dietro o del collega palesemente acido con tutti che vuole metterti i bastoni fra le ruote ….
Lì, non ci si può fare nulla e davvero l’unica è non dargli peso.
Ma negli altri casi, chiediti da dove nascono questi giudizi, chi è la persona che li esprime, se in fondo li meriti o li hai meritati, e soprattutto se potresti cambiare qualcosa in te stesso e nei tuoi comportamenti, calandoti a svolgere quella attività tanto difficile quanto utile che è il mettersi in discussione.
Chiediti, infine, se nella tua testa sta comandando la paura o il dubbio, e ricorda che il giudizio degli altri non è solo e sempre cattiveria o ignoranza gratuita, ma talvolta può davvero trasformarsi in benzina per il tuo miglioramento.
D’altro canto, lo abbiamo visto tante volte anche qui sul blog: alla base di miglioramenti eccezionali c’è sempre il feedback, ovvero il giudizio – interno ed esterno – su quello che fai e sul come lo fai.
Se non sei in grado di sopportarne uno negativo, per non scontentare nessuno alla fine non farai mai nulla.
Se invece te ne freghi a priori, escludendolo dall’equazione, rimarrai per sempre inchiodato dove sei.
Anna dice
Grazie bellissimo articolo che condivido pienamente!!
Armando Elle dice
Ciao Anna, grazie per l’apprezzamento. Un saluto e a presto.