
Basta fare una semplice ricerca su google utilizzando il tema “forza di volontà” per vedere che essa è considerata come la chiave in grado di aprire tutte le serrature, venendo associata alle esigenze più disparate.
Abbiamo per esempio “forza di volontà” per:
- Dimagrire (ricercatissimo!)
- Stare a dieta (come sopra)
- Studiare (un vero hit!)
- Passare gli esami (una variante del precedente)
- Non tradire mia moglie/mio marito (attenti allo storico delle ricerche!)
- Svegliarsi presto (sempre gettonato)
- Lavorare meglio (più di nicchia, ma qualcuno interessato c’è)
- Smettere di fumare (difficile, ma provaci assolutamente, ti consiglio il metodo Easyway)
- Smettere di mangiare dolci (spesso non necessario, basterebbe ridurli un po’….)
E così via per tanti altri piccoli e grandi desideri e propositi.
Ora, riflettendo su queste ricerche per la parola chiave “forza di volontà” ho capito tre cose:
1. Tutti considerano la volontà come il motore principale del cambiamento.
E la sua mancanza l’ostacolo principale per il cambiamento medesimo! Non a caso nel mio libro Il Kata della Volontà paragonavo la mancanza di forza di volontà a una malattia, e per di più grave.
2. La mancanza di volontà capovolge il meccanismo naturale dei desideri
Che cosa significa? Che la mancanza di volontà ci fa avere sempre meno di quello che desideriamo e sempre più di quello che NON desideriamo.
(Non hai forza di volontà? Sarai più grasso, meno studioso, più pigro, meno attivo, più impulsivo, meno paziente, e così via)
3.Tutti vogliono cambiare in meglio.
Ci hai fatto caso? Nessuno cerca informazioni su internet per scoprire come usare la forza di volontà per peggiorare!
Tutti vogliono usarla per ottenere qualcosa di buono!
E questo è, francamente, bellissimo, e niente affatto scontato. Ogni tanto infatti viene quasi voglia di perdere fiducia nella razza umana, mentre in effetti nel cuore di ognuno di noi sembra esserci una tendenza naturale a diventare delle persone migliori.
Chi non vorrebbe essere capace di cambiare, mantenere sempre le promesse che fa a se stesso e agli altri, correre verso i propri obiettivi e rialzarsi da ogni caduta, sempre sostenuto da una forza di volontà d’acciaio?
Il problema però è che abbiamo (forse) un cuore enorme, ma un sistema di resistenza alle tentazioni e capacità di cambiamento un po’ scarsino.
Più che altro perché, nell’utilizzare la forza di volontà, facciamo alcuni errori fondamentali …
Seguimi e capirai cosa intendo.
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Un esperimento sulla forza di volontà
“Qual è il segreto di chi ha tanta forza di volontà? Forse che la usa molto poco ….” A.L.
Nel 1996 alla Case Western University un gruppo di psicologi condusse una serie di esperimenti per misurare gli effetti di emozioni positive e negative sulla forza di volontà.
In uno di essi, venne reclutato un campione di circa settanta studenti dicendogli che dovevano partecipare a un test sulla memoria gustativa.
Ogni studente, che era digiuno, aveva davanti a sé due piatti:
- uno pieno di biscotti al cioccolato, fragranti e appena fatti
- un altro pieno di radici, assai brutte a vedersi, ma commestibili anche se molto amare
A metà degli studenti venne chiesto di mangiare SOLO i biscotti al cioccolato, e all’altra metà SOLO le radici.
Essi si attennero alle istruzioni, e ciascuno mangiò solo il cibo che gli era stato assegnato.
L’esaminatore a quel punto disse agli studenti che il test era terminato.
Ma visto che erano là e c’era ancora tempo, gli chiese di fare un altro test, il cui scopo era misurare alcuni dati relativi al problem solving.
A ciascuno venne dato un set di problemi da risolvere, e gli venne detto che erano comunque liberi di andarsene via quando volevano.
Per colmo di cattiveria i problemi erano in realtà NON possibili da risolvere, in maniera tale che il livello di frustrazione degli studenti fosse massimo.
Ovviamente gli studenti tentarono per un po’ di risolverli, ma poi uno dopo l’altro smisero e se ne andarono, fino a che dopo 30 minuti rimasero solo 4 studenti.
A quel punto, l’esaminatore interruppe il test e li congedò.
Analizzando i dati ottenuti, gli psicologi osservarono che in media coloro che avevano mangiato i biscotti al cioccolato se ne erano andati via DOPO quelli che avevano mangiato le radici.
Cioè, quelli che avevano mangiato il cioccolato avevano dimostrato più forza di volontà.
In effetti, la differenza fra un gruppo e l’altro era statisticamente enorme.
La conclusione degli sperimentatori fu che coloro che si erano dovuti sforzare a mangiare le radici avevano consumato una parte sostanziale della loro forza di volontà.
E quindi al successivo test avevano smesso prima degli altri di cercare di risolvere i problemi.
La volontà si era “stancata“ insomma durante il primo test, e quindi non era riuscita a fare un buon lavoro nel secondo test.
Si era comportata esattamente come un muscolo.
La teoria del paradosso della forza di volontà
Altri studi psicologici successivi confermarono questa osservazione, fino ad arrivare a ipotizzare la cosiddetta teoria del “paradosso della forza di volontà”.
In pratica la teoria sostiene, con una robusta serie di dati a supporto, che se nell’eseguire un compito ci si focalizza troppo sulla forza di volontà si ottengono risultati peggiori di coloro che lo eseguono senza pensare troppo in essa, perché i primi la consumano più rapidamente dei secondi.
Un esempio classico di “paradosso della volontà” venne messo in luce dalla professoressa Dolores Albarracin del dipartimento di psicologia dell’Università dell’Illinois in un esperimento su alcuni suoi studenti.
Un altro esperimento sulla forza di volontà
Non c’è cosa tanto facile che, a farla controvoglia, non diventi difficile.
(Terenzio)
La professoressa Albarracin chiese ad un gruppo di studenti di risolvere una lunga serie di anagrammi mentre ripetevano a se stessi “ devo assolutamente risolvere tutti questi anagrammi “.
Ad un altro gruppo chiese di risolvere gli anagrammi ripetendo invece a se stessi “ non so se ho voglia di risolverli tutti, magari mi fermo qua “.
Nota che ripetersi “devo assolutamente risolvere tutti questi anagrammi” rappresenta una tipica strategia di stimolo della motivazione intrinseca.
Cioè, un tipico mantra di auto-motivazione.
Tipo “devo studiare! devo studiare! devo studiare!”.
Contro-intuitivamente, il secondo gruppo di studenti, quello “dubbioso “, ebbe performance molto migliori del primo gruppo, quello “volitivo”, risolvendo più anagrammi e in un tempo minore!
Si erano stressati meno e avevano lavorato meglio-
Praticamente quindi per avere una volontà d’acciaio bisogna usarla il meno possibile, solo lo stretto necessario. Se no si stanca e funziona male.
Perché la forza di volontà si stanca?
Questa ipotesi per cui la forza di volontà “si stanca” è supportata da molti dati.
Meno chiara invece è la ragione per cui la volontà è soggetta a questo “affaticamento”.
L’ipotesi più plausibile è che si tratti di un meccanismo protettivo, che evita al nostro Ego di deprimersi e frustrarsi facendo cose che non vuole fare.
Di deplezione dell’Ego infatti parlava già Freud, e pare che la nostra psiche faccia di tutto per evitarla. Incluso, spesso, mentire a noi stessi.
Qualunque sia la ragione è comunque accertato che la forza di volontà si “affatica” durante l’utilizzo.
Se non si utilizza la volontà correttamente, la maggior parte dei nostri atti di volontà è destinata a fallire, o perché il loro peso è troppo grande per essere sostenuto tutto in una volta, o perché altri atti di volontà esauriscono le nostre energie.
Quindi, più che di mancanza di forza di volontà, si può parlare di cattivo utilizzo della medesima.
Quando il peso è troppo grande o quando i pesi sono troppi, stiamo utilizzando male la nostra forza di volontà.
Forza di volontà e studio
Sai qual è la più grande frase mai scritta sulla forza di volontà?
Questa:
“Come si mangia un elefante? Un boccone alla volta!”
Vediamo perché, analizzando che cosa capita quando studi…. (Se non sei uno studente, sostituisci liberamente con un tuo esempio!).
Pensa a quante volte ti sei sentito schiacciato dal peso degli esami che devi ancora dare, o dal poco tempo che hai per prepararli.
Il semplice pensiero di dover sostenere magari 4 esami a fine sessione, e poi altri 4, e altri 4 ancora, ogni sessione, per anni, è semplicemente micidiale per la tua forza di volontà.
Se poi sei rimasto indietro con gli studi e quindi pensi anche agli esami che devi recuperare, bè, ti può capitare di non dormirci la notte.
Per questo motivo spostare troppo la mente sugli obiettivi di lungo termine, magari per “motivarsi”, non va in generale affatto bene.
Perché gli obiettivi di lungo termine richiedono uno sforzo e un tempo tali che è normale disperarsi un po’ quando li si contempla.
Gli obiettivi di lungo termine vanno considerati nei momenti topici in cui fai delle scelte, o quando devi ritrovare il tuo focus!
Non certo, invece, nella routine quotidiana. Se no ti ammazzano con il loro peso psicologico.
È quello che capita per esempio a chi deve perdere 40 kg di peso: si tratta di un risultato che, misurato nel suo complesso, richiede uno sforzo e una applicazione enormi.
E quindi subentra continuamente, invece che la motivazione, lo scoraggiamento.
E la persona ti dice “non riesco proprio a stare a dieta, non riesco proprio a dimagrire”. Esattamente come a te può capitare di dire “proprio non riesco a studiare!”.
Quindi, per far aumentare la tua forza di volontà, l’ultima cosa che devi fare è cercare di farle digerire tutti in una volta degli sforzi enormi.
Ripensa adesso alla risposta del quesito sull’elefante.
Si mangia:
- Un boccone (tanti piccoli obiettivi)
- Alla volta (distribuiti nel tempo)
Ed ecco perché quella è la frase più vera mai detta sulla forza di volontà!
Ora, per renderla operativa passando dalla teoria alla pratica, devi applicare due strategie:
- Ottenere piccoli successi
- Sfruttare il potere delle abitudini
I piccoli successi aumentano la forza di volontà
Ripensa per un attimo all’esperimento condotto alla Case Western University ….
Ti sei chiesto perché i problemi assegnati agli studenti erano irrisolvibili?
Perché, cioè, non hanno dato dei problemi magari anche difficili, ma comunque possibili da risolvere?
La ragione è semplice: la volontà si alimenta di piccoli successi, e si deprime con gli insuccessi.
Quando raggiungiamo un obiettivo, lo sforzo fatto ha avuto un senso , e il nostro ego ne esce un pochino più forte: siamo più forti psicologicamente, perché “ce l’abbiamo fatta”.
Così come ne esce più forte la nostra forza di volontà, che è come se avesse ricevuto da questa piccola vittoria dell’EGO un po’ di nuova benzina.
Per questo motivo dunque i problemi dati agli studenti erano irrisolvibili!
Diversamente, ad ogni problema risolto lo studente in questione avrebbe ricevuto un piccolo surplus di forza di volontà, dato dalla soddisfazione del suo ego, ritardando così il momento in cui sarebbe andato via.
E i risultati ottenuti dai ricercatori sarebbero stati influenzati non solo dal dato su chi avesse mangiato cioccolata e chi invece avesse dovuto mangiare le radici, ma anche dalla capacità di ogni studente di risolvere o meno i problemi.
La strategia dei piccoli successi
“Anche un viaggio di mille miglia comincia con un primo passo”
Confucio
Per utilizzare nel tuo studio queste scoperte sulla forza di volontà, ti basta fare i seguenti piccoli passi, come sempre per iscritto:
- Definisci l’obiettivo finale, ma non ci pensare troppo. Deprime la tua forza di volontà!
- Spezzettalo in una serie di obiettivi intermedi, digeribili e abbordabili. Da brevi come un pomodoro, a non più lunghi di una settimana.
- Definisci qual è il primo passo da fare per raggiungere il primo obiettivo intermedio.
- Ti dimentichi dell’obiettivo finale di lungo termine, e fai il primo passo che hai definito nel punto precedente.
A questa lista aggiungerai poi un’ ultima azione: ogni volta che raggiungi un obiettivo intermedio, non importa quanto piccolo sia, ti darai un piccolo premio.
Ascolta una canzone, sgranchisciti le gambe, mangia una cosa che ti piace, vedi tu …
In questa maniera avrai stimolato entrambe le motivazioni:
- Quella intrinseca, grazia al fatto che raggiungendo il risultato hai dato un senso al tuo sforzo
- Quella estrinseca, grazie al piccolo premio che ti dai.
Inoltre il piccolo premio costituisce un rituale.
E questo ci porta alla discussione della strategia successiva, quella in cui capirai e sfrutterai il potere delle abitudini
Il potere delle abitudini
Adesso, so che alcuni colleghi medici storceranno il naso, ma mi piace definire le abitudini come degli istinti acquisiti.
Un’ abitudine si forma a partire da una atto di volontà che viene inizialmente pianificato ed eseguito nella parte superiore del cervello, dove ci sono appunto le strutture “nobili” che presiedono all’intelligenza e alla pianificazione.
Se poi, nelle medesime circostanze, questo atto di volontà viene ripetuto abbastanza spesso, il cervello ne trasferisce l’esecuzione alle strutture meno nobili e più profonde, le stesse dell’istinto
Pensaci su: quando eri bambino, ti hanno dovuto insegnare a lavarti i denti, portandoti ogni mattina davanti al lavandino per farlo.
Poi hanno lasciato che tu lo facessi da solo, magari limitandosi a ricordartelo, o obbligandoti quando non volevi.
Infine, ad un certo punto, non hai avuto più bisogno che qualcuno te lo ricordasse, o ti obbligasse a farlo: lavarti i denti era diventata un’abitudine.
E infatti da anni ormai lo fai ogni mattina, in maniera automatica, senza che la cosa ti costi alcun tipo di sforzo di volontà.
Questo processo di trasformazione in abitudine capita un po’ per tutte le azioni che ripetiamo costantemente in determinate circostanze:
- all’inizio è necessario un impegno cognitivo e volitivo per farle
- poi, quando il cervello si rende conto che è una routine, per motivi di risparmi energetico ed efficienza ne trasferisce l’esecuzione dalla parte frontale, cioè quella che presiede alle funzioni superiori dell’io (fra cui appunto pensare e fare delle scelte) alla parte posteriore, quella animale, quella dell’istinto.
È come se il cervello dicesse: “bene, ho capito che questa cosa la devo fare ogni giorno; allora almeno facciamola senza che mi costi alcuno sforzo, e quindi mettiamola in pilota automatico”
Il vantaggio di questo meccanismo è enorme:
infatti, se una decisione viene presa spesso e con regolarità, il cervello la toglie dall’area della forza di volontà, che è ad alto consumo energetico, per metterla in quella dell’abitudine e dell’istinto, che è a bassissimo consumo.
Prova a ricordare quando stamattina ti sei allacciato le scarpe, lavato i denti, vestito. Probabilmente non sei in grado di farlo, e certamente non ti è costato nessuno sforzo volitivo.
Vuoi fare una prova interessante e scoprire come ricordarlo?
Allora, domani mattina lavati i denti, preparati il caffè, vestiti e allacciati le scarpe con la mano sinistra invece che con la destra o (viceversa se sei mancino). Non solo a sera ricorderai la cosa, ma ti renderai conto che essa ti costa uno sforzo cognitivo e volitivo apprezzabile.
Ora, che ne diresti se studiare diventasse per te faticoso come lavarti i denti con la tua mano preferita?
Esattamente come un elefante può essere mangiato un boccone alla volta, puoi diventare un migliore studente non facendo tutto in una volta un enorme sforzo di volontà, ma cambiando il tuo modo di studiare “un’abitudine alla volta”.
E sviluppando senza fretta, un passo dopo l’altro, una tecnica dopo l’altra, un metodo di studio efficace.
Un saluto. Armando.
Teodolinda says
Che meraviglia! Grazie per questo articolo!
Salvatore says
Volevo ringraziarti che in un breve periodo ci sono stati più articoli. Quest’ultimo è un argomento che scuote e va riletto e farlo proprio. La frase che più mi ha colpito è quella dove dice che le persone cliccano su argomenti per stare meglio e quindi indica che probabilmente bisogna avere più fiducia nella razza umana. Semplicemente stupenda cambia radicalmente il modo di vedere le cose. Ciao Armando come dicono i buddisti sei un grande bodhisattva.
Paolo Semenzato says
Come al solito molto interessante anche se già il kata della volontà lo conoscevo dal tuo blog o da un tuo ebook
Ti farà piacere sapere che la metafora della felicità è stata usata da un prete durante un rito che Ho seguito e che lo happy hand ha suscitato un applauso dagli astanti
Dico in ultimo che il giovane sacerdote era un africano
Buene feste a te e ai tuoi cari e poi ti chiamo per un consiglio previo messaggio apripista
Paolo
Raffaele says
Finalmente il ritorno di un grandissimo articolo degno di questo blog !
I “colleghi medici” possono storcere un poco il naso per l’idea di istinto “acquisito” anche perché gli esempi che hai dato sono di memoria procedurale e i pattern di questo tipo di apprendimento, usano circuiti neuronali che si trovano in tutt’altra parte del cervello rispetto a quella degli “istinti”.
A mio avviso, però potrebbe essere interessante l’idea di approfondire i pattern di comportamento “emotivo” acquisiti.
Ad esempio, quando viviamo un evento frustrante, quali circuiti si attivano?
Questi circuiti è possibile modificarli? Può essere possibile apprendere un atteggiamento positivo verso il lavoro o lo studio così come si impara a guidare l’auto?
Inoltre volevo anche porre un punto di vista diverso sull’abitudine. Sia leggendo una parte del libro “Peak” che consigliasti, sia anche in base alle conoscenze mediche di base, un’abitudine può durare a lungo ed essere utile lo stesso?
Il nostro corpo, cervello incluso, tende a mantenere un equilibrio, l’omeostasi; se qualche elemento turba questo equilibrio, si attivano risposte per adattarsi.
Ad esempio se si utilizza sempre la stessa terapia, prima o poi bisogna aumentare le dosi perché non fanno più effetto.
Conviene mantenere sempre un’abitudine, o utilizzarle solo a breve tempo per “tirare avanti la carretta” ?
Con questo, Armando, volevo augurare buon Natale a te e a tutta la tua famiglia, e buon Natale a tutti i lettori del blog.
Raffaele