
Diventare più intelligenti è uno dei desideri più espressi per il nuovo anno, e così ho deciso di farci su un articolo, anzi, di utilizzare quello che mi ha scritto qualcuno che, su questo argomento, è davvero ferrato …
Prima di lasciargli la parola però, ti dico una cosa: diventare più intelligenti non serve affatto.
La maggior parte di noi infatti ha una intelligenza più che sufficiente per ottenere qualunque risultato, solo che non la usa.
E non intendo, con questo, rimestare la solita storia del nostro cervello “che ne usiamo solo il 20% etc etc”, anche perché dal punto di vista scientifico è un po’ una cazzata, creata e popolarizzata da guru dell’apprendimento che di scienza non ne sanno niente.
Quello che intendo invece è che:
- Spesso non lo mettiamo nelle condizioni migliori per lavorare. Per esempio i vissuti emotivi negativi (ansia, demotivazione, stress, depressione) danneggiano le funzioni cognitive.
- Spesso non crediamo abbastanza in lui.
- Spesso non ci esercitiamo nella maniera giusta per migliorare nei compiti specifici che deve eseguire. Per esempio, leggere e ripetere un testo 37 volte non è una buona maniera di studiare, e quindi se non hai risultati non è perché non sei abbastanza intelligente, ma perché studi male (per smettere di rileggere 20 volte, guarda l’articolo sul richiamo attivo)
- Spesso ignoriamo tecniche molto semplici che permettono di aumentare la performance senza alcun bisogno di “aumentare il cervello”. Per esempio le tecniche di memoria, o quelle di lettura veloce.
Nel mio articolo esercizi per allenare la mente, che è uno dei più letti del blog de GliAudaci, suggerisco una serie di semplici routine in grado di stimolare positivamente delle aree cerebrali, per mantenerle “fit” , indurre sensazioni positive , attivare la tua creatività, etc.
In questo articolo parleremo invece di roba un po’ meno soft, cercando di capire insieme quello che si sa e quello che si può ottenere con il brain training, cioè l’allentamento cerebrale volto a diventare più intelligenti.
A condurre le danze sarà Raffaele, studente di medicina e appassionato di neuroscienze.
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“La passione sia per la mente che per il cervello (due entità distinte e unite allo stesso tempo) mi ha spinto, già anni fa, a provare i primi software di brain training, a testare tutti i più famosi nel corso del tempo, a fare ricerche sull’argomento.
Oltre alla curiosità, mi ha sempre spinto anche la speranza di “diventare più intelligente”, così da poter studiare meno, cosa che, come studente di medicina, mi farebbe parecchio comodo.
Ecco quello che ho scoperto finora ….
Un po’ di storia sul brain training
Nel lontano 2005 la Nintendo, con la collaborazione del Dr. Kawashima, sviluppò il primo software di brain training che univa Sudoku, puzzle, esercizi mnemonici e audiovisivi finalizzati a quello che in gergo si chiama “allenamento cognitivo”, ovvero migliorare le prestazioni intellettive.
Nello stesso anno, uno studente di neuroscienze creò Lumos Labs, l’azienda che ha sviluppato Lumosity, una delle più celebri app di Brain Training che tu possa trovare nei vari store.
Da allora si sono moltiplicati i giochi finalizzati al miglioramento delle proprie capacità cerebrali. Tanto che nel 2015 SharpBrains stimava per questo mercato un valore di 1,3 miliardi di dollari, destinato a raggiungere entro il 2020 i 6 miliardi!
Le strategie di marketing però si sono spinte ben oltre il “gioco divertente e intelligente”, fino ad arrivare quasi a pubblicizzare queste app come dispositivi medici: secondo Lumos Lab, usando Lumosity dai 10 ai 15 minuti tre volte alla settimana otterresti migliori risultati nei test d’intelligenza standard, miglioreresti le prestazioni a scuola o al lavoro e rallenteresti il declino cerebrale legato all’età (su quest’ultimo aspetto non c’è nessuna prova scientifica a sostegno).
Nonostante ci fossero numerose ricerche scientifiche a sostegno dell’efficacia del brain training, per lo meno in alcuni ambiti, molti altri studi non sono affatto conclusivi.
Per questo la Commissione Federale per il Commercio (l’americana FTC) ha multato Lumos Labs per 50 milioni di dollari (poi ridotti a 2) per pubblicità ingannevole.
L’idea alla base del brain training
Perché il brain training dovrebbe o non dovrebbe farti diventare più intelligente? E quali sono i principi alla sua base?
Tanti anni fa, quando ero solo un bambino, tra i medici c’era la convinzione che l’uomo nascesse con un numero fisso di neuroni, le cellule cerebrali, e che fosse inesorabilmente destinato a perderli nel corso del tempo.
Pertanto una persona nasceva con un certo grado di intelligenza, (quindi geneticamente predeterminato), e se non “incasinava” il proprio cervello (come con alcol o droghe), poteva invecchiare riducendo al minimo il declino, ma nulla era in suo potere per migliorare quanto la natura gli avesse donato.
Ultimamente la scienza ha, se non ribaltato, almeno messo in dubbio queste vecchie credenze; oggi si sa che ci sono alcune aree del nostro encefalo in cui si possono sviluppare nuovi neuroni, ad esempio l’ippocampo (che è importantissimo per la memoria visuo-spaziale, ed è anche – non a caso – l’area più stimolata con le tecniche di memoria). Sembrerebbe dunque possibile, in qualche modo, “sviluppare l’intelligenza”, qualunque cosa si intenda per essa!
La definizione di “intelligenza” infatti è molto complessa e se ne potrebbe discutere all’infinito, anche perché la comunità scientifica non è riuscita ad accordarsi in maniera univoca, però tutti associamo ad una persona intelligente certe capacità e competenze.
La base neurofisiologica di queste “capacità” è data dall’interazione tra vari neuroni. Il collegamento tra neuroni si chiama “sinapsi”: in generale, maggiore è il numero di sinapsi, tanto migliore è “l’abilità” collegata.
Un esempio è dato dai musicisti: allenandosi, sviluppano un numero maggiore di sinapsi in aree particolari (quella visiva, uditiva e motoria, in particolare la parte di corteccia motoria corrispondente all’uso delle mani o della mano che utilizzano per suonare).
Ma lo stesso alto numero di sinapsi è ritrovabile anche in certe aree degli atleti professionisti, o in qualunque altra situazione in cui si sia sviluppato un alto grado di competenza.
Allenandoci pertanto siamo in grado di creare più sinapsi e di migliorare le nostre capacità; infatti negli ultimi anni abbiamo scoperto una funzione interessantissima del nostro sistema nervoso, la plasticità cerebrale; così come allenare un muscolo lo rafforza, così “allenando” il nostro cervello, esso si modifica e rafforza le sinapsi più “utilizzate”.
La logica alla base del corpo umano è quella di affrontare ogni “stimolo” e ogni “sfida” adattandosi e modificandosi per poter rispondere in maniera adeguata (la crescita muscolare ad esempio non è altro che un adattamento in risposta ai carichi di lavoro a cui sottoponiamo i muscoli).
La plasticità cerebrale è talmente sorprendente da permettere un recupero funzionale di molte capacità perse a seguito di malattie o incidenti; quando una persona viene colpita da un ictus, perde irrimediabilmente del tessuto cerebrale che non può essere recuperato, così come se viene esportato parte del cervello a causa di un tumore del Sistema Nervoso Centrale la massa del cervello escissa è irrimediabilmente persa … eppure pian piano, almeno in parte, si riesce a compensare.
Grazie ad una precoce e massiva neuroriabilitazione (una sorta di “brain training” specifico), i neuroni residui iniziano a creare sinapsi più numerose e più forti in modo da vicariare la funzione persa: ad esempio si può imparare a coordinare i movimenti delle gambe per tornare a camminare, oppure riacquisire la continenza urinaria (che viene inizialmente persa a causa dei deficit sensitivi e motori dovuti all’ictus).
La tv, il cinema e i fumetti ci danno tanti esempi di plasticità cerebrale; chi non conosce Daredevil? Il celeberrimo supereroe diventa cieco all’età di 9 anni, e i suoi sensi diventano sempre più acuti: ha un olfatto, udito e tatto strabilianti, ma è un po’ quello che accade anche alle persone comuni, seppur in maniera meno spiccata e “romanzata”.
Perdendo la vista, molti neuroni (soprattutto della corteccia visiva) non vengono più utilizzati, e l’area che controlla la visione viene “invasa” da altre aree: altri neuroni espandono il loro raggio d’azione. Questo avviene anche perché non potendo usare la vista, si è costretti ad utilizzare di più gli altri sensi, quindi è come se si “allenasse” il gusto, il tatto, l’olfatto e l’udito.
Il brain training pertanto non fa altro che “stimolarci” per migliorare alcune competenze, quindi in teoria sviluppa il cervello; ma è proprio così?
Allenarsi a diventare più intelligenti?
Quando impariamo una competenza, è importante anche la “generalizzazione”, ovvero la capacità di applicare quanto abbiamo appreso in un contesto più ampio.
Saper memorizzare un mazzo di carte in pochi secondi, o riuscire a memorizzare i nomi di 100 persone in poco tempo non ti rende automaticamente uno studente migliore; per diventarlo devi saper applicare la tua competenza (la tua abilità nelle tecniche di memoria) ad un contesto più generale, cioè lo studio.
Allo stesso modo saper svolgere calcoli molto rapidamente non ti rende automaticamente più bravo in matematica; è vero però che allenandoti nei calcoli, diventerai sempre più competente e svolgerai gli esercizi con risultati sempre migliori. Questo è anche intuitivo, è risaputo che in qualsiasi campo più ci si allena, più si migliora.
Cosa affermano dunque gli sviluppatori di questi software di brain training?
Che allenando diverse componenti dell’intelligenza (es. memoria spaziale, working memory) i miglioramenti siano visibili in tanti campi, così da renderci più arguti, più performanti a lavoro o nello studio.
Ma è davvero così? Analizziamo cosa dicono gli studi scientifici!
Studi contrastanti sul brain training
Negli ultimi 10 anni, sono stati pubblicati innumerevoli studi che provano a dare il loro giudizio sul brain training, ma i risultati sono stati contrastanti, i metodi contestabili, e i risultati difficilmente riproducibili (e la riproducibilità è uno dei punti fondamentali del metodo scientifico).
Purtroppo studi del genere sono difficili da portare avanti sia per problemi di metodologia che di designazione.
Ad esempio una persona che svolge del “brain training” si aspetta di migliorare, e queste aspettative hanno un effetto positivo sulle sue prestazioni: è il tipico caso quindi di “profezia auto-avverantesi”, già visto molte volte negli studi cognitivi.
E’ difficile dunque capire quanto il miglior risultato cognitivo sia dovuto al brain training per se o all’effetto “placebo” del medesimo.
Nel 2014 su PLOS Medicine è stata pubblicata una revisione sistematica di 51 studi scientifici che pare dare una risposta abbastanza esaustiva: i giochi di brain training possono avere qualche lieve effetto nel migliorare le prestazioni mentali di un adulto, ma solo nel caso in cui i test siano condotti con l’aiuto di un supervisore e con un metodo, perché i risultati variano troppo in base al tipo di esercizio per poter dire con sicurezza che il “cognitive training” sia efficace se non viene seguito da un professionista di scienze cognitive.
L’allenamento casalingo privo di supervisione, anche ad alta intensità, è inefficace, o meglio, non è stato dimostrabile ad ora come efficace.
Per questa ragione è, dal mio punto di vista, eticamente scorretto il marketing aggressivo di certe aziende che, per vendere, sfruttano la paura della perdita della memoria e dell’agilità cerebrale tipica della terza età.
Come fare veramente “brain training”?
Alla luce delle considerazioni precedenti, è tutto inutile? Non vale la pena impiegare il proprio tempo con questi software?
A mio parere, l’equilibrio sta nel mezzo; avendo provato tanti di questi software devo dire che per esempio le app e i giochi sono molto accattivanti, e accanto allo scopo “didattico” ci si può anche divertire (se non si esagera con l’allenamento) e certamente non fa male imparare a stimolare il cervello in maniera diversa dalla nostra routine.
Probabilmente, come scritto altrove in questo blog, non si può, almeno con la tecnologia moderna, “aumentare” le capacità del cervello, ma sicuramente si possono usare meglio quelle che già ci sono.
Per fare un’analogia col mondo sportivo: il tuo talento tennistico non può aumentare, ma certamente se ti alleni tutti i giorni il tuo dritto e rovescio diventano molto migliori.
E anche una volta che hai raggiunto il “top” da un punto di vista dell’esecuzione dei colpi, puoi certamente ancora migliorare curando la strategia di gioco; o lo studio degli avversari; o la parte psicologica (questa davvero molto importante per i tuoi risultati, anche da un punto di vista cognitivo. La “profezia autoavverantesi” vista prima ne è un esempio).
Per migliorare veramente le nostre prestazioni cognitive dunque abbiamo bisogno di tanti stimoli e in tanti ambiti diversi, e il brain training può essere uno di questi.
Le app come Lumosity, ma anche Fit Brains, se anche non è dimostrato che ti facciano diventare “più intelligente”, certamente non fanno male, sono divertenti, e sicuramente ti aiutano ad usare il cervello che già hai.
Più che lavorare sul “diventare più intelligenti” dunque, può avere senso lavorare su ambiti specifici in cui vogliamo migliorare la performance, e cercare tecniche per migliorarli.
Qui sul blog puoi trovare diversi articoli in proposito.
Se vuoi migliorare la memorizzazione il blog de “Gli Audaci della Memoria” ha tanti esercizi da proporti, tutti gratis! (Magari potresti prendere spunto e memorizzare qualche materia d’esame, così alleni la memoria e studi allo stesso tempo).
- Esercizio di memorizzazione veloce
- Come imparare il diritto (anche se non sei uno studente di giurisprudenza)
- Studiare anatomia patologica con le mnemotecniche
Se per esempio vuoi studiare una lingua straniera, puoi allenare contemporaneamente la memorizzazione e imparare un nuovo idioma.
- Impara il keyword method
- Memorizzare le definizioni in inglese
- Le 700+ parole inglesi da imparare per prime (anche se ovviamente puoi prendere spunto e imparare gli stessi termini in qualsiasi lingua)
- Imparare il cinese
Vuoi migliorare la lettura veloce? Fai bene! Questo è un ottimo metodo per migliorare un’abilità che ti sarà utile in tanti contesti, compreso lo studio.
- Studiare con lo skimming
- Perché la lettura rapida ti fa studiare meglio
- Lettura veloce: la guida definitiva (che ti insegna gratis, quello che dovresti pagare in uno dei tanti corsi di lettura veloce)
Ma io voglio diventare più intelligente!
Se allenare una competenza specifica non fosse sufficiente per te, ma volessi migliorare ogni parte del tuo cervello in maniera generale, ci sono molte cose che puoi fare.
Non è dimostrato che ti faranno diventare più intelligente, ma credimi che ti faranno sentire bene.
Innanzitutto il nostro cervello ha bisogno di stimoli continui, di sfide di ogni genere e della maggiore varietà possibile.
Qui ti darò alcuni esempi, ma le possibilità sono infinite:
- Fai in modo che l’esercizio fisico faccia parte della tua routine quotidiana (o almeno settimanale). I motivi sono tantissimi, se ti va di approfondirli assieme, puoi commentare questo articolo, però per ora sappi che probabilmente non esiste nulla di così benefico per la nostra mente e per l’apprendimento quanto l’esercizio fisico.
- Esci dalla tua zona di comfort, fai qualcosa di nuovo. Qualsiasi cosa esca dai tuoi schemi (un viaggio, una visita ad un museo, paracadutismo, una presentazione in pubblico) ti obbligherà a spingerti al di là dei tuoi limiti, e la tua mente non chiede di meglio.
- Impara una nuova abilità. Può essere uno strumento musicale, una nuova lingua, un nuovo sport, hobby o passione; anzi, proprio “passione” deve essere una parola chiave, devi fare qualcosa nella vita che ti appassioni.
- Dedica del tempo ad un ambito di studi/lavoro totalmente diverso. Se sei uno psicologo, studia un po’ di giurisprudenza, se sei un medico, dedicati all’economia, se sei un ingegnere, dedicati alla letteratura. Col passare degli anni tendiamo a specializzarci sempre più nel nostro ambito ed acquisire una forma mentis molto strutturata, quindi i nostri pensieri e schemi inizieranno ad essere ripetitivi.
Se stravolgiamo il nostro ambito di interesse, la nostra mente in maniera soprattutto inconscia inizierà a riflettere e collegare questo nuovo materiale in maniera inimmaginabile, e le nuove associazioni mentali ci aiuteranno ad espandere i nostri orizzonti (quello che gli anglosassoni chiamano “think out of the box”).
Leggi il nostro articolo su come allenare la mente , e troverai una serie di esercizi facili e che puoi eseguire quotidianamente.
Il punto, come dicevo, non è “diventare più intelligenti”. Ora come ora non è affatto dimostrato che si possa, e in più di fatto è un concetto così generale che significa davvero poco.
Quello che possiamo fare però è mettere il nostro cervello nelle condizioni ottimali per lavorare al massimo.
Spero con questo articolo di abbia un po’ ispirato/a ad approfondire!
Ricorda che la cosa più importante che caratterizza le persone intelligenti è la curiosità!
Un saluto,
Raffaele Lisisco
Andrew dice
Grande articolo!
Armando Elle dice
Grazie
Francesco dice
La lettura di questo articolo mi ha stimolato ad approfondire
l’argomento…grazie mille!
Fernanda dice
Un bell’articolo chiaro e utile. Grazie
Armando Elle dice
Grazie!