
Per Negativity Bias si intende la naturale tendenza del nostro cervello:
- A dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi.
- A ricordarli maggiormente
- A trarre conseguenze e decisioni di lungo termine spropositate rispetto all’evento in sé
E’ per questo che, per esempio, bastano
- La critica di un amico o una discussione di 2 minuti al lavoro per rovinare una intera giornata.
- Un unico cane che ti ha morso la mano da piccolo per innescare una fobia che va avanti per decenni.
- Una relazione andata male per condizionare la tua vita affettiva per tutti gli anni a venire.
- Un professore che non ti è valorizzato per renderti per sempre odiosa e ostica una materia
Il negativity bias, insomma, è la capacità degli eventi negativi di innescare una percezione errata e deformata della realtà, frutto di convinzioni e stati d’animo irrazionali.
Proprio per questa ragione, esso può avere un impatto notevole sulle nostre vite, sulle decisioni che prendiamo, sulle opinioni che abbiamo a proposito di noi stessi e di ciò che ci circonda.
In questo articolo vedremo allora:
- Qual è l’origine del negativity bias, ovvero perché ci facciamo condizionare così profondamente dagli eventi negativi
- Come possiamo difenderci da questo condizionamento, evitando così di prendere cattive decisioni e rovinarci la vita vivendo in un continuo stato di negatività
- In che modo possiamo invece sfruttare il negativity bias a nostro favore, in particolare nel campo dell’apprendimento e della trasformazione personale.
Qual è l’origine del negativity bias?
Immagina la vita sulla terra qualche centinaia di migliaia di anni fa….
Andavi al fiume a farti una nuotata ed ecco che di colpo saltava fuori un coccodrillo per mangiarti.
Litigavi col vicino di caverna e ti piantava un pezzo di ossidiana nella schiena.
Sentivi l’ululato di un animale e, se non ti nascondevi rapidamente, qualche minuto dopo rischiavi di ritrovarti ad essere sgranocchiato da lui.
Che cosa voglio dire con questi esempi?
Che, come specie, ci siamo evoluti in un ambiente estremamente ostile, nel quale, se facevi un errore, era molto difficile che te la cavassi.
E’ chiaro che, in un ambiente del genere, sopravviveva:
- Chi era sempre preparato per il peggio
- Chi non faceva mai lo stesso errore due volte
Il negativity bias è stato quindi selezionato dall’evoluzione come un tratto potenzialmente positivo per la sopravvivenza.
E non importa se, oggi come oggi, il cucciolo che ti morde non è più una tigre dai denti a sciabola e il tizio che ti suona al semaforo difficilmente poi ti prenderà a colpi di clava.
Così come non importa se un progetto andato male o una bocciatura ad un esame non causeranno certo l’espulsione a pietrate dalla tua tribù.
Il nostro cervello è comunque programmato come se queste cose potessero succedere davvero, e presterà dunque la massima attenzione ad ogni evento negativo a cui è sottoposto.
Le conseguenze del negativity bias
Nel mondo di oggi, il rapporto costi / benfici del negativity bias non è più vantaggioso come un tempo.
Anzi.
La super – stimolazione che le esperienze negative esercitano sul nostro cervello può avere effetti pessimi in tante aree della nostra vita.
Effetti che possono verificarsi, per esempio:
- Nelle relazioni, quando, a causa di esperienze passate negative, sviluppiamo la tendenza ad aspettarci il peggio dagli altri. E così viviamo sulla difensiva, prestiamo molta più attenzione a una piccola critica che non ad una marea di complimenti, ci basta poco per vedere in chiunque una possibile minaccia, facciamo fatica a perdonare noi stessi e gli altri.
- Nelle scelte, quando prendiamo decisioni dando più importanza alla paura di sbagliare o di perdere qualcosa che non all’ opportunità di quello che potremmo ottenere. Come risultato prendiamo decisioni iper- conservative, procrastiniamo continuamente le sfide più difficili, lasciamo nel cassetto i nostri veri sogni.
- Nel nostro stato emotivo, quando la negatività diventa una spirale e guardiamo al mondo intero attraverso la lente di ciò che va o può andare male. Ecco allora che si possono sviluppare forme depressive, isolamento sociale, fobie e paure che ci rendono amara e difficile la vita.
Combattere il negativity bias
Nel più famoso manuale di strategia di tutti i tempi, l’arte della guerra di Sun Tzu, si dice che “Se conosci il tuo avversario e conosci te stesso, la tua vittoria è sicura”.
Il primo passo per difendersi dal negativity bias è quindi sapere che esso esiste ed opera continuamente per darci una visione deformata della realtà.
Dobbiamo allora mettere da parte la presunzione che ciò che pensiamo sia la realtà, ed accettare invece il fatto che il nostro cervello cerca sempre, seppur a fin di bene, di esagerare ciò che è negativo rispetto a ciò che è positivo.
Una volta che ci rendiamo conto di questo, diventa più facile controllare il nostro dialogo interno e re-indirizzarlo verso una visione più ottimistica di noi stessi e degli altri.
Ecco allora che tutto ritorna nella prospettiva giusta e magari ti rendi conto che:
- Il tizio che ti suona al semaforo non è un potenziale mortale avversario, ma solo un automobilista un po’ stressato
- Una critica da parte del partner non cancella tutto ciò che di buono c’è fra voi e non lo rende improvvisamente un nemico.
- Prendersi il rischio di una bocciatura ad un esame non è una umiliazione incancellabile che ti marchierà a vita, ed è quindi sempre meglio provare che rimandare.
- Il fatto che esperienze qualsiasi come ballare, parlare in pubblico, prendere l’aereo, provare ad imparare a nuotare, ti siano andate male una volta, non significa che debbano essere poi temute per sempre.
- Il fatto che tu sia stato qualche volta deluso o ferito non fa ti te una vittima predestinata e non rende il mondo un posto cupo e pericoloso.
Una volta che hai capito come funziona il negativity bias, è facile riconoscerlo nei tuoi pensieri e sentimenti, e hai quindi la possibilità di ristrutturarli e rifrasarli di conseguenza.
Oltre ad agire sulla parte negativa dei tuoi pensieri, cercando di ridurla a dimensioni razionali, puoi poi fare una seconda azione, ugualmente importante: valorizzare ciò che c’è di positivo nella tua vita, in te stesso, nelle tue esperienze, negli altri.
La maniera più efficace di farlo è quella di tenere un diario nel quale mettere per iscritto, ogni giorno, tutto ciò per cui sei grato di esistere.
Come abbiamo detto infatti, il nostro cervello tende a prestare la massima attenzione a ciò che è negativo, dimenticandosi completamente di ciò che è positivo, dandolo quasi per scontato.
Ecco allora che se uno, al mattino appena alzato, porta il proprio cervello alla scrivania e lo costringe per un attimo a ricordarsi di tutto ciò che di buono ha nella sua vita, l’intera giornata può cambiare drasticamente.
Se impari ad essere grato per il fatto di avere, per esempio, un lavoro/dei figli/un partner/una casa/dei sogni/degli amici/degli hobby/la possibilità di studiare/qualunquealtracosabuonadellatuavita…
….ecco che quando ti suonano al semaforo, o ti va male una interrogazione, o un collega ti tratta in maniera scortese, sarà più facile dire a te stesso “Puoi capire se mi faccio rovinare la giornata da stupidaggini del genere!”.
E anche quando gli eventi sono davvero molto negativi, perché purtroppo nella vita capita, potrai cominciare comunque a ricostruire la tua serenità su ciò che di positivo è rimasto.
Sfruttare il negativity bias a tuo favore
Ricordi cosa abbiamo detto all’inizio, a proposito di cosa è il negativity bias?
Esso è la naturale tendenza del nostro cervello:
- A dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi
- A ricordarli maggiormente
- A trarre conseguenze e decisioni di lungo termine, spropositate rispetto all’evento in sé
Ovvero, detto in altre parole, impariamo molto di più dagli errori (eventi negativi) che dai successi (eventi positivi), perché gli errori catturano di più la nostra attenzione e formano una traccia mnemonica cerebrale molto più forte e stabile.
Quindi, se vuoi imparare di più, devi accettare di sbagliare di più.
Solo che noi, proprio per gli effetti psicologici del negativity bias, odiamo sbagliare.
E, per evitarlo, ce ne restiamo il più possibile all’interno della nostra zona di confort e dei limiti che ci siamo imposti.
Ma è proprio al di là di questi blocchi mentali che si aprono orizzonti di crescita e apprendimento enormi.
Per raggiungerli devi solo convincerti che mettersi in gioco e rischiare qualcosa non è poi così tremendo come il tuo cervello ti fa credere.
Maria Elena Massarelli dice
Bellissimo articolo! Avviene proprio come da te descritto =) Grazie!